Arte e storia

Monumenti e statue, opere d'arte a cielo aperto

Sculture dedicate a simboli della nostra storia a Torino, Genova, Milano e Firenze, visitabili tutto l’anno anche in tempo di Covid.

Monumenti e statue, opere d'arte a cielo aperto
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In tempi di Covid e di chiusure perché non programmare una visita ai tanti monumenti e statue all’aperto? Tra l’altro, spesso sono sotto i nostri occhi tutti i giorni e, diciamolo, non sempre li apprezziamo a sufficienza.
Infatti, le nostre città sono piene di monumenti e statue dedicati a personaggi storici o a simboli del nostro passato, e molti di questi sono vere e proprie opere d’arte. Vediamo, allora, qualcuna di queste sculture presenti nei capoluoghi delle regioni raggiunte dai nostri giornali.

Torino, nel segno dei Savoia

Nella città dei Savoia, è la famiglia regnante a essere il soggetto principale di statue e monumenti. Ovunque vi giriate, trovate un simbolo della famiglia sabauda.
A cominciare dal cuore di Torino, Piazza San Carlo. Al centro è il “Caval ëd Bronz”, com’è chiamato dai piemontesi il monumento equestre a Emanuele Filiberto di Savoia, opera di Carlo Marochetti, uno dei simboli della città. Ritrae Emanuele Filiberto che rimette la spada nella guaina dopo la vittoria nella Battaglia di San Quintino, rappresentata in uno dei sottostanti bassorilievi. Il monumento venne fuso a Parigi ed esposto per due mesi nel cortile del Museo del Louvre prima di essere trasportato a Torino e qui inaugurato il 4 novembre 1838. Molto suggestiva è la visione serale grazie a uno speciale impianto luci progettato da Richi Ferrerò.

Il Caval ëd Bronz

 

Poco lontana da qui è Piazza Carlo Alberto, situata sul retro di Palazzo Carignano. Si chiama così anche perché al centro si trova un altro imponente monumento equestre dedicato al re di Sardegna Carlo Alberto di Savoia, figlio di Carlo Emanuele di Savoia-Carignano. Opera sempre di Carlo Marochetti, la statua equestre è posta su una base dove sono poste quattro figure allegoriche femminili (martirio, libertà, eguaglianza civile e dello Statuto), quattro soldati rappresentanti i corpi della Regia Armata Sarda (Artiglieria, Cavalleria, Granatieri e Bersaglieri) e quattro bassorilievi che rappresentano la battaglia di Goito, la battaglia di Santa Lucia, l’abdicazione e la morte a Oporto di Carlo Alberto.
Ci spostiamo ancora un po’ e siamo a Piazza Castello che contende a Piazza San Carlo il ruolo di “cuore” di Torino. Qui, quasi addossato al retro di Palazzo Madama, il colossale monumento al Duca d’Aosta, un gruppo scultoreo in bronzo che venne inaugurato dal re Vittorio Emanuele III il 4 luglio 1937. Consiste di una grande piattaforma rettangolare larga 33,9 m sulla quale appoggia un basamento raffigurante una trincea espugnata larga 28 m; al centro è posta una base alta 1,5 m sulla quale è collocata la statua del Duca d’Aosta alta 4,5 m e fusa con il bronzo di quattro cannoni nemici. Il Duca viene raffigurato in piedi, con i pugni serrati, ritto al centro della trincea come “soldato fra i soldati”: infatti, ai due lati estremi della trincea si trovano due capisaldi cubici alti 4 m intorno ai quali sono raccolte otto figure di fanti alte 2,5 m.

Monumento al Duca d’Aosta

Sempre in Piazza Castello, di fronte a Palazzo Madama, c’è un altro significativo monumento: l’Alfiere dell’Esercito sardo con sciabola sguainata e tricolore, opera in marmo bianco del celebre scultore ticinese Vincenzo Vela che fu offerta dai milanesi nel 1857 per il sostegno contro gli austriaci. La statua, inaugurata solo il 10 aprile 1859, venne, però, coperta con una lastra di marmo nero fino alla mattina dell’8 giugno 1859, quando le truppe franco-piemontesi riuscirono a entrare trionfalmente a Milano dopo le vittorie di Palestro e Magenta.
Il primo re d’Italia, Vittorio Emanuele II, è invece protagonista tra il corso omonimo e corso Galileo Ferraris. Qui, su una colonna che raggiunge i 39 metri, si può ammirare il monumento a lui dedicato, voluto e pagato dal figlio Umberto I. I torinesi lo chiamano “Barba Vigiu” o “il Re sui tetti” perché la statua, che volge con sprezzo le spalle alla Francia, è posizionata su alte colonne doriche alla cui base sono posti dei gruppi scultorei che rappresentano l’Unità, la Fratellanza, il Lavoro e la Libertà.
A Torino non può mancare, naturalmente, un monumento a Camillo Benso conte di Cavour. L’opera dedicata al primo ministro fautore dell’Unità italiana fu innalzato dodici anni dopo la sua morte, nel 1873, su progetto dello scultore senese Giovanni Duprè, in Piazza Carlo Emanuele II, familiarmente chiamata dai torinesi “Piazza Carlina”. Ai torinesi dell’epoca, non piacque particolarmente, tanto che la ribattezzarono “il fermacarte”.
Così si trovano anche un monumento a Giuseppe Garibaldi, eseguito da Odoardo Tabacchi nel 1887 e posto su corso Cairoli, in asse a via dei Mille, e un monumento a Giuseppe Mazzini, opera di Luigi Belli, collocato nel 1917 sullo spiazzo di via Andrea Doria.
Concludiamo segnalando un’opera moderna e suggestiva: Pietre Preziose dell’artista Giulio Paolini. L’installazione si trova al Boschetto dei Giardini Reali ed è stata realizzata con i marmi originali, danneggiati dal fuoco, della Cappella della Santa Sindone.

Genova celebra i suoi concittadini, Colombo e Paganini

Monumento a Cristoforo Colombo

Se siamo nella città della Lanterna, il monumento da cui partire non può che essere quello dedicato a Cristoforo Colombo. Al navigatore che scoprì l’America i suoi concittadini riservarono un’opera che vide al lavoro molti scultori e che durò ben 16 anni. Collocata al centro di Piazza Acquaverde, è la prima cosa che vedono coloro che arrivano in treno a Genova Piazza principe. Quello rappresentato è un Colombo pensieroso, con accanto la sua àncora, che guarda lontano, forse verso quelle Americhe a cui approdò in quel lontano 12 ottobre 1492. E’ attorniato da quattro figure allegoriche che rappresentano la sapienza, la pietà, la prudenza e la forza. Sopra la base della statua ci sono quattro bassorilievi che raccontano l’epopea della sua impresa: Cristoforo Colombo al Congresso di Salamanca, mentre porta la Croce nel Nuovo Mondo, davanti ai Sovrani di Spagna, e il navigatore genovese in catene.
Altro illustre genovese a cui è stato dedicato un monumento (anche se un po’ in ritardo e pagato dagli Amici) è Nicolò Paganini che sotto la Lanterna nacque il 27 ottobre 1782. E’ posto un po’ fuori, in località San Biagio in Valpolcevera vicino alla casa di villeggiatura delle famiglia Paganini che lui chiamava “il casinetto di Romairone” e dove il musicista visse a inizio Ottocento. Si tratta di un monumento commemorativo, opera dello scultore Franco Repetto, che si compone di due steli speculari, in ardesia e marmo bianco, sovrastate dal modellato del viso del musicista, e nei cui spigoli interni è ritagliata la sagoma negativa di un violino attraverso la quale è possibile scorgere la veduta dell’ex dimora del violinista.

Monumento ai Mille di Garibaldi

Non saranno, invece, nati a Genova, ma da qui partirono tra il 5 e il 6 maggio 1860 alla volta della Sicilia sotto il comando di Giuseppe Garibaldi. Sono i Mille e alla loro spedizione è dedicato il gruppo scultoreo in bronzo, che poggia su un basamento di pietra serpentina proveniente dalla cave di Cogoleto, realizzato dallo scultore Eugenio Baroni e situato a Quarto, a pochi metri dallo scoglio da cui partirono. Il monumento raffigura un gruppo di uomini nudi, addossati gli uni agli altri, che sembrano come uscire dal terreno, così come recitano i versi iniziali dell’Inno di Garibaldi scritto nel 1858 dal poeta Luigi Mercantini: «Si scopron le tombe, si levano i morti, i martiri nostri son tutti risorti». Questi uomini sono capeggiati dalla figura di Garibaldi, in piedi e intento a scrutare l’orizzonte, e tutti sono sovrastati da una figura femminile alata raffigurante la Vittoria, con le braccia arcuate a rappresentare una corona sopra la testa di Garibaldi. Una curiosità: grande protagonista della cerimonia di inaugurazione, avvenuta il 5 maggio 1915, fu Gabriele D’Annunzio, invitato in qualità di oratore, che oltre a presentare l’opera di Baroni pronunciò un appassionato discorso sulla necessità per l’Italia di entrare in guerra.

Milano, tra l’austero Manzoni e l’irriverente Cattelan

Si può quasi fare un viaggio dal passato al contemporaneo girando tra le piazze di Milano: si trovano statue e monumenti di stretta attualità, ma anche di quelli che risalgono a Leonardo da Vinci.
Se pensiamo a quest’ultimo, come non ricordare il monumento dedicato al genio toscano in Piazza della Scala realizzato dallo scultore Pietro Magni e inaugurato nel 1872: sulla sommità è posta una statua di Leonardo da Vinci mentre alla base sono raffigurati quattro suoi allievi a figura intera, Giovanni Antonio Boltraffio, Marco d’Oggiono, Cesare da Sesto e Gian Giacomo Caprotti. I vecchi milanesi chiamano questo monumento “un liter in quater”, “un litro in quattro” per la somiglianza tra le cinque statue del monumento a una bottiglia di vino con quattro bicchieri intorno.

Il Cavallo di Leonardo

Ma se parli di Leonardo da Vinci a Milano non si può non pensare al Cavallo dell’Ippodromo che porta il suo nome. Un po’ di storia per capire: Francesco Sforza, nel 1482, affidò a Leonardo da Vinci l’incarico di costruire la più grande statua equestre del mondo quale monumento a suo padre Francesco: i disegni di quell’impresa che il genio toscano non portò mai a termine sono ora custoditi nel Castello di Windsor. Il progetto, però, venne recuperato e nel 1999 vide la luce ad opera della scultrice Nina Akamu che ne fece due copie. Una, alta 7,30 metri, oggi si può ammirare all’ingresso del Piazzale dello Sport di Milano.
Come vedete, siamo già al contemporaneo. E allora come non ricordare un paio di statue - monumento recenti ma già diventate simboliche? Innanzitutto “Ago, filo e nodo”, la scultura in due parti, che presenta un gigantesco ago con il filo multicolorato che sbuca in un altro punto della piazza con il nodo finale, posta in Piazzale Cadorna: un richiamo alla metropolitana che passa lì sotto, ma anche un omaggio al mondo della moda che ha in Milano uno dei principali centri mondiali.

L.O.V.E. di Cattelan in Piazza Affari

E poi “L.O.V.E.”, meglio nota come “Il Dito”, che campeggia al centro di Piazza Affari, di fronte a palazzo Mezzanotte, sede della Borsa milanese. Acronimo di «libertà, odio, vendetta, eternità» è alta 4 metri e 60 (che diventano 11 comprendendo il basamento) ed è stata realizzata in marmo di Carrara dall’artista italiano Maurizio Cattelan. Quel dito medio alzato sarà rivolto a chi: all’architettura del ventennio di palazzo Mezzanotte o al mondo della finanza che rappresenta? Mah, per spiegazioni rivolgersi direttamente a Cattelan… Comunque, è già diventato un monumento simbolico.
Così come quello dedicato a Indro Montanelli collocato negli omonimi giardini pubblici di Milano, un’opera dello scultore Vito Tongiani realizzata in bronzo dorato, che ritrae il giornalista intento a scrivere sulla sua Olivetti MP1, riprendendo la posizione da una nota fotografia del 1940 in cui era seduto su una pila di giornali in un corridoio della sede del Corriere della Sera. E allo stesso modo è ormai un simbolo il monumento a Sandro Pertini, opera dell’architetto Aldo Rossi, una fontana monumentale collocata all’incrocio di due importanti strade milanesi, via Monte Napoleone e via Alessandro Manzoni.
A proposito di Manzoni, come non ricordare la statua in bronzo di Francesco Barzaghi dedicatagli in Piazza San Fedele a Milano di fronte alla chiesa di San Fedele, sui cui gradini il 6 gennaio 1873 lo scrittore cadde uscendo da messa procurandosi una ferita al capo che lo portò alla morte il 22 maggio di quello stesso anno?
Di quel periodo sono diverse opere. Ad esempio, il monumento a Vittorio Emanuele II, il gruppo scultoreo che ritrae il re sabaudo nell’atto di frenare improvvisamente il cavallo per voltarsi a incitare i suoi soldati prima dell’attacco alla baionetta nella battaglia di San Martino del giugno 1859, posto nel centro di Piazza del Duomo a Milano. O anche il monumento alle Cinque Giornate collocato nell’omonima piazza per commemorare le vittime dell’insurrezione della città contro le truppe austriache nei giorni fra il 18 e il 22 marzo 1848: un gruppo scultoreo in bronzo realizzato da Giuseppe Grandi, con cinque figure femminili che incarnano azioni e sentimenti delle Cinque Giornate di Milano e animano la scena attorno a un obelisco centrale, su cui sono riportati i nomi dei caduti del 1848. Oppure il monumento commemorativo a Napoleone III e all’Esercito Francese, opera dello scultore Francesco Barzaghi, posto nel Parco Sempione di Milano, con una statua equestre del condottiero.

Monumento al Carabiniere

Segnaliamo, infine, tre opere moderne che i milanesi, ma non solo, conoscono bene perché posizionate in luoghi di grande passaggio. Parliamo del “Grande Disco”, una scultura bronzea di Arnaldo Pomodoro posizionata in un lato di Piazza Meda, una delle opere più significative dell’artista di origini emiliane; del monumento al Carabiniere, opera di Luciano Minguzzi, una scultura in acciaio alta circa dieci metri e pesante tredici tonnellate che raffigura una granata infiammata simbolo dell’arma dei Carabinieri, posta da quarant’anni in Piazza Diaz; e della Mère Ubu o Madre Ubu, un’imponente scultura in bronzo che rappresenta l’intrigante e spaventosa figura oscura del potere e della manipolazione psicologica della pièce teatrale di Alfred Jarry “Ubu re”, donata dal maestro del Surrealismo Joan Mirò alla città di Milano e posizionata in via Senato, all’ingresso dell’Archivio di Stato.

Firenze, il cuore è a Piazza della Signoria

Loggia dei Lanzi a Firenze

Nella città culla del Rinascimento, pur zeppa di statue e monumenti di pregevole valore, non è però difficile scegliere da dove cominciare: su tutto brilla la Loggia dei Lanzi. Perché? Perché, innanzitutto, si trova in un posto fantastico, in Piazza della Signoria a destra di Palazzo Vecchio e accanto alla Galleria degli Uffizi; e poi, perché è ricca di veri e propri capolavori. Edificata tra il 1376 e il 1382, la loggia serviva all’inizio per ospitare al coperto le numerose assemblee pubbliche popolari e le cerimonie ufficiali della Repubblica fiorentina alla presenza del popolo, come quelle di insediamento delle signorie. Poi, a partire dal ‘500, con la creazione del Granducato di Toscana e la soppressione definitiva delle istituzioni repubblicane, questo spazio fu destinato ad accogliere alcuni capolavori scultorei, divenendo uno dei primi spazi espositivi al mondo. Il capolavoro più importante è il Perseo di Benvenuto Cellini, una grande statua in bronzo alta 3,20 metri compreso il piedistallo istoriato da bassorilievi di tema mitologico: l’eroe della mitologia greca è appoggiato su una sola gamba mentre solleva con il braccio sinistro la testa di Medusa decapitata. Poi ci sono le bellissime sculture del Giambologna, il Ratto delle Sabine e l’Ercole e il centauro Nesso, dallo straordinario effetto di movimento espresso dal corpo in tensione del centauro sottomesso dall’eroe greco. Infine ci sono diverse sculture di epoca romana, come Patroclo e Menelao, copia di epoca flavia di un originale greco del 230-240 a.C., e le sei figure di donna vicine alla parete di fondo.

Perseo di Benvenuto Cellini

E già che siamo in Piazza della Signoria, come non dare almeno un’occhiata ad altre due statue? La prima è la Statua equestre di Cosimo I de’ Medici. È un’altra opera del Giambologna commissionatagli nel 1587 da Ferdinando I de’ Medici per celebrare il padre, che era stato il primo Granduca di Toscana e che era scomparso circa 15 anni prima. Interessanti, sul piedistallo marmoreo, i tre bassorilievi che raffigurano episodi salienti della sua vita: L’elezione a duca (avvenuta nel 1537), La conquista di Siena (1555) e Il conferimento del titolo di Granduca (1569). La seconda è l’Ercole e Caco, una scultura in marmo del 1534 di Baccio Bandinelli, posta su un basamento con dei busti di fauno scolpiti a bassorilievo e reca, in latino, la firma dell’autore: un tentativo, forse non proprio ben riuscito, di imitare l’arte michelangiolesca.

Statua equestre di Cosimo I de’ Medici

Non possiamo, infine, almeno non ricordare il monumento al cittadino più illustre di Firenze, Dante Alighieri. Si trova in Piazza Santa Croce, accanto alla Basilica omonima, e fu realizzato dallo scultore italiano Enrico Pazzi: venne eretto nel 1865 per celebrare i 600 anni dalla nascita del grande poeta fiorentino.

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