Lombardia

Un Patrimonio unico al mondo

I siti tutelati dall’Unesco in Lombardia: dal Triassico alla preistoria, da Leonardo al Trenino Rosso del Bernina.

Un Patrimonio unico al mondo
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Concludiamo il nostro viaggio nel Patrimonio Unesco presente nei territori coperti dai nostri giornali con la Lombardia. E’ la regione italiana con il maggior numero di siti tutelati, addirittura dieci, tra cui il primo in assoluto che ha ottenuto questo riconoscimento: l’Arte rupestre della Valle Camonica. Inoltre, a questi siti si aggiungono tre patrimoni immateriali (la liuteria cremonese, l’arte dei muretti a secco in Valtellina, la transumanza alpina), tre Mab (le riserve della biosfere Valle del Ticino, Valle Camonica-Alto Sebino e Po Grande) e 2 città creative (Milano per la Letteratura e Bergamo per la Gastronomia).

Lombardia: dal Triassico alla preistoria, da Leonardo al Trenino Rosso del Bernina

L’Arte rupestre della Valle Camonica

Incisioni rupestri in Val Camonica

In Valle Camonica si ha la possibilità di immergersi nella preistoria. Questo grazie alle incisioni rupestri che, dal 1979, primo sito italiano, hanno ottenuto il riconoscimento di Patrimonio dell’Unesco. Si tratta di un immenso giacimento di arte e cultura, una delle più grandi collezioni di incisioni rupestri al mondo, in un sito non ancora completamente esplorato che si estende su di un’area di 70 km². Quasi 200mila simboli e figure intagliati nella roccia lungo un periodo di circa 8.000 anni,  no all’età del ferro (I millennio a.C.) che descrivono temi collegati all’agricoltura, alla navigazione, alla guerra, alla caccia, alla magia, ma rappresentano anche figure geometriche simboliche. Sembra che la loro funzione fosse riconducibile a riti celebrativi, commemorativi, iniziatici o propiziatori che si tenevano in occasioni particolari, singole o ricorrenti.
Questi “disegni” sono segnalati su circa 2.000 rocce in oltre 180 località comprese in 24 comuni, con una particolare concentrazione nelle municipalità di Capo di Ponte, Ceto (Nadro), Cimbergo e Paspardo, Sonico, Sellero, Darfo Boario Terme, Ossimo, dove esistono 8 parchi attrezzati per la visita e un museo nazionale della preistoria. E’ tra queste incisioni che si possono trovare numerosi esemplari di “Rosa Camuna”, che è poi diventata il simbolo ufficiale della Regione Lombardia.

La chiesa e il convento domenicano di Santa Maria delle Grazie e il Cenacolo vinciano

L’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (Milano)

Siamo tra il 1495 e il 1497 quando Ludovico il Moro commissiona a Leonardo da Vinci una delle rappresentazioni più classiche dell’iconografia cristiana: l’Ultima Cena. E quel genio ne fece un capolavoro, ma delicato.
Un capolavoro perché segna una svolta nella pittura mutando la classica interpretazione della composizione e rappresentando Gesù in mezzo ai dodici apostoli subito dopo il suo annuncio che qualcuno di loro lo tradirà. Leonardo si concentra sull’effetto che le parole di Gesù provocano sugli apostoli, sulla loro reazione e per dipingere pensieri ed emozioni utilizza i gesti e gli atteggiamenti. La novità e l’originalità della rappresentazione risiedono dunque nella descrizione pittorica della reazione che ciascuno degli apostoli ha alle parole di Gesù, oltre allo straordinario uso della luce e della prospettiva. Un capolavoro sì, ma, come detto, delicato. Perché Leonardo scelse di utilizzare una tecnica di pittura diversa da quella dell’affresco tradizionale: su un doppio strato di intonaco, Leonardo applicò sul muro a secco la tempera mescolata all’olio, un modo di procedere che permise all’artista di ottenere qualità di chiaroscuri più raffinati e di ritoccare e modificare l’opera giorno dopo giorno in base a ripensamenti successivi. Tuttavia, proprio per tale ragione, l’affresco risultò molto più vulnerabile ai danni del tempo e negli anni si è dovuti intervenire con diversi restauri.
L’opera si trova nel Refettorio del Convento domenicano di Santa Maria delle Grazie a Milano: anche la chiesa fa parte del Patrimonio dell’Unesco.

Villaggio operaio di Crespi d’Adda

Villaggio operaio di Crespi d’Adda

“La città ideale del lavoro”. È quello che voleva essere il Villaggio operaio di Crespi d’Adda sito nel comune di Capriate San Gervasio (Bg) e realizzato a cavallo tra Ottocento e Novecento dalla famiglia Crespi. Racchiuso tra i fiumi Adda e Brembo e le Prealpi, questo villaggio voleva ricalcare un fenomeno sviluppatosi in Europa e Nord America in quegli anni, espressione della filosofia prevalente di industriali illuminati nei confronti dei loro dipendenti: accanto alla propria azienda veniva realizzata “la città ideale del lavoro” in cui architettura, urbanistica, socialità e vita privata erano disciplinate in funzione del lavoro e della fabbrica. Il villaggio fu fondato da Cristo-foro Benigno Crespi per ospitare gli operai della sua fabbrica tessile e la sua configurazione finale fu sviluppata dal figlio Silvio che aveva studiato il funzionamento dei cotonifici tedeschi e inglesi.
Silvio creò una città allo scopo di fornire abitazioni confortevoli e servizi per poter usufruire di una manodopera stabile e prevenire il conflitto industriale. Completata alla fine degli anni ‘20, la città offriva ai dipendenti un elevato standard di vita grazie ad abitazioni multi-familiari (ognuna con un giardino) e servizi comunitari molto avanzati per l’epoca, tra cui: servizi igienici e lavanderie pubblici, una clinica, una cooperativa di consumatori, una scuola, un piccolo teatro, un centro sportivo, una casa per il prete locale e una per il dottore, una stazione idroelettrica che forniva gratuitamente elettricità. Erano presenti anche edifici con un valore altamente simbolico, come la chiesa e il castello (residenza della famiglia Crespi), un nuovo complesso per uffici e case per i responsabili delle fabbriche situate a sud di quelle degli operai.

I Sacri Monti di Piemonte e Lombardia

Il Sacro Monte di Varese

È un Patrimonio condiviso tra Piemonte e Lombardia di cui già abbiamo parlato due numeri fa. Si tratta di sette Sacri Monti piemontesi, Varallo, Crea, Orta, Oropa, Ghiffa, Domodossola e Valperga, e due lombardi, Varese e Ossuccio, tutti costituiti da distinti complessi di cappelle e architetture sacre del XVI e XVII secolo. Nacquero come luoghi di preghiera in Europa in alternativa alla Terra Santa, in cui per i pellegrini era sempre più difficile arrivare a causa dell’espansione della cultura islamica, e come risposta alla Riforma Protestante.
I Sacri Monti lombardi sono entrambi dedicati ai Misteri del Rosario. Quello di Varese si sviluppa lungo il caratteristico acciottolato delle pendici del Monte Velate: le cappelle furono edificate fra il 1604 e il 1698 e videro la partecipazione di importanti artisti lombardi, dal Morazzone a Francesco Silva, dai fratelli Recchi a Stefano Maria Legnani detto il Legnanino. Particolarmente famosa è la cappella della Natività perché, sulla parete esterna, nel 1983 Renato Guttuso vi dipinse una versione contemporanea della Fuga in Egitto. Il Sacro Monte di Ossuccio si affaccia, invece, sulla sponda occidentale del Lago di Como: da qui si gode uno splendido panorama del Lario, dei monti e dell’isola Comacina. Nelle 14 cappelle del percorso (la 15a è il santuario dedicato alla Beata Vergine Maria del Soccorso), in stile barocco, sono presenti 230 statue in stucco e terracotta, a grandezza naturale, plasmate in gran parte da Agostino Silva. I costumi delle statue riproducono fedelmente l’abbigliamento signorile e popolare degli abitanti della zona in quel tempo.

Trenino Rosso del Bernina. La Ferrovia Retica nel passaggio dell’Albula e del Bernina

Il Trenino Rosso del Bernina

Che sia estate o che sia inverno, il viaggio che propone il cosiddetto “Trenino Rosso del Bernina” è sempre entusiasmante e spettacolare. La Ferrovia Retica, Patrimonio dell’Umanità dal 2008, collega l’Italia alla Svizzera, tra Tirano in Valtellina e Saint Moritz in Engadina, superando l’impegnativa salita del passo del Bernina a 2.256 metri di quota: la linea comprende 13 gallerie coperte e tunnel e 52 viadotti e ponti. Realizzata per mezzo di soluzioni tecniche innovative, la Ferrovia Retica è un esempio eccezionale di tecnologia, ingegneria e architettura, un unicum armonico e spettacolare in cui l’intervento umano è riuscito a integrarsi in un paesaggio di alta montagna e ha contribuito a sbloccare l’isolamento delle comunità montane, favorendo la circolazione di idee, culture e persone.
Tra i punti più suggestivi della tratta ricordiamo il meraviglioso viadotto elicoidale di Brusio, il lago di Poschiavo e la stessa cittadina con le sue caratteristiche case patrizie e i palazzi storici, il punto panoramico dell’Alp Grüm, a 2.091 m, con vista mozzafiato sulla Valposchiavo e, oltrepassato il Lago Bianco, il valico del Bernina da cui è possibile ammirare l’imponente ghiacciaio del Morteratsch e il gruppo montuoso del Pizzo Bernina, l’unico quattromila delle Alpi centrali.

Mantova e Sabbioneta

Sabbioneta, Galleria degli antichi

Rappresentano le due principali forme urbanistiche del Rinascimento: la trasformazione di una città esistente e la città di nuova fondazione, basata sul concetto di città ideale. Parliamo di Mantova e Sabbioneta, esempi concreti della pianificazione territoriale e degli interventi urbanistici intrapresi dai Gonzaga nei loro domini, tra la prima metà del XIV e i primi anni del XVIII secolo. In entrambe le città i Gonzaga intesero realizzare gli ideali di città rinascimentale, ricercando la forma urbanistica perfetta che testimoniasse la grandezza della famiglia e chiamando per la loro costruzione alcuni dei maggiori artisti d’Italia: Leon Battista Alberti, Luca Fancelli, Andrea Mantegna e Giulio Romano a Mantova, Vicenzo Scamozzi e Bernardino Campi a Sabbioneta.
Tanti i monumenti e le opere d’arte da visitare in queste due città. A Mantova non perdetevi il Palazzo Ducale che custodisce capolavori come il ciclo di affreschi tardo gotici eseguiti da Pisanello all’inizio del Quattrocento, i dipinti barocchi di Pieter Paul Rubens e, soprattutto, la Camera degli Sposi di Andrea Mantegna, sintesi dei principi del Rinascimento; ma andate a vedere anche Palazzo Te, progettato da Giulio Romano, la Basilica di S. Andrea con la tomba del Mantegna e, se avete un po’ di tempo, regalatevi una suggestiva gita in battello sul Mincio.
Sabbioneta, invece, con la sua cinta muraria a forma di stella, la pianta a scacchiera delle vie e il ruolo degli spazi pubblici e dei monumenti si può considerare uno dei migliori esempi di città ideale costruita in Europa. Qui merita una visita uno dei gioielli della storia del teatro in Europa: il Teatro Olimpico, o all’Antica, costruito da Vincenzo Scamozzi, primo edificio teatrale realizzato in Italia con fabbrica originale e non come adattamento di sale o interni di palazzi preesistenti.

Monte San Giorgio

Monte San Giorgio a Varese

Di particolare interesse sono i ritrovamenti paleontologici di Monte San Giorgio, scoperti nella prima metà del XIX secolo. La località è paesaggisticamente molto bella, posta tra il Canton Ticino in Svizzera e la provincia di Varese in Lombardia, e s’affaccia sul Lago di Lugano. Ma il suo pregio sta... sotto. I fossili ritrovati, infatti, costituiscono il più spettacolare complesso di vertebrati marini conosciuto al mondo del Triassico Medio (245-230 milioni di anni fa) e rappresenta la testimonianza di un ambiente di laguna tropicale, abitata da rettili, pesci, bivalvi, ammoniti, echinodermi e crostacei.
Poiché la laguna era prossima a terre emerse, il contenuto paleontologico comprende anche organismi terrestri quali rettili, insetti e piante. Il risultato è una serie di associazioni fossilifere di grande ricchezza. La sua scoperta va attribuita all’abate Antonio Stoppani, che è considerato il padre della geologia italiana: infatti fu lui, nel 1863, a portare avanti la prima campagna di scavo paleontologico nella zona.
Oggi le collezioni dei reperti fossili sono conservate ed esposte presso diversi musei. Il principale è il Museo dei fossili del Monte San Giorgio a Meride (nella svizzera Mendrisio), ristrutturato e ampliato dall’architetto ticinese Mario Botta, e inaugurato il 13 ottobre 2012, propone una collezione degli eccezionali fossili di rettili (sauri), pesci, invertebrati e piante provenienti dai giacimenti unici a livello mondiale del Monte San Giorgio. Ma altri reperti sono custoditi presso il Museo dell’istituto di paleontologia dell’Università di Zurigo e il Museo Civico di Storia Naturale di Milano, che conservano molti degli olotipi delle prime nuove specie fossili ivi rinvenute e classificate durante i primi scavi, oltre che al Museo dei fossili di Besano (VA).

Siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino

Anche di questi abbiamo parlato nelle pagine dedicate al Patrimonio Unesco del Piemonte perché i siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino comprendono ben 111 insediamenti, databili dal 5.000 al 500 a.C., presenti in Svizzera, Austria, Francia, Germania, Italia e Slovenia. Alcuni in Lombardia: sul Lago di Varese, nell’Isola di Virginia, c’è il più antico insediamento palafitticolo dell’arco alpino e si può visitare il museo e passeggiare tra gli scavi del parco, mentre sul Lago di Garda si trova la maggiore concentrazione di palafitte.

I longobardi in Italia

Resti longobardi presso il Monastero di Santa Giulia a Brescia

Il sito seriale “I longobardi in Italia” comprende le più importanti testimonianze monumentali longobarde esistenti sul territorio italiano, dal Friuli all’Umbria fino alla Puglia.
In Lombardia troviamo il complesso monastico di San Salvatore-Santa Giulia a Brescia, mentre a Castelseprio (VA) si trova l’area del castrum, trasformato dai Longobardi prima in una stazione commerciale e successivamente in un luogo di preghiera.
Il Museo di S. Giulia consente un viaggio attraverso la storia, l’arte e la spiritualità di Brescia dall’età preistorica fino al Settecento. Unico in Italia e in Europa per concezione espositiva e per sede, il Museo è allestito all’interno del monastero di Santa Giulia, inglobato nel più antico monastero benedettino femminile di San Salvatore fatto erigere dall’ultimo re longobardo Desiderio e dalla moglie Ansa nel 753 d.C. su un’area già occupata da domus di età romana. Il percorso di visita si snoda negli spazi monastici aprendosi in luoghi ed edifici particolarmente significativi quali, ad esempio, le domus romane dell’Ortaglia, il Viridarum, la Basilica longobarda di San Salvatore e la sua cripta, l’oratorio romanico di Santa Maria in Solario, il Coro delle Monache, la chiesa cinquecentesca di Santa Giulia e i chiostri di età rinascimentale.
Il castrum di Castelseprio comprende i resti di una casaforte, del complesso basilicale di San Giovanni Evangelista e della chiesa di San Paolo. Nella piccola chiesa di Santa Maria foris portas si può ammirare nell’abside un prezioso ciclo pittorico che raffigura le Storie dell’Infanzia di Cristo, ispirate ai Vangeli apocrifi.

Le Mura Veneziane di Bergamo

Bergamo Alta e le sue mura

Le Mura Veneziane di Bergamo vennero realizzate tra il 1561 e il 1588: le imponenti fortificazioni venete si estendono per più di 6 km, con un’altezza che in alcuni punti raggiunge i 50 metri, e presentano 4 porte monumentali. Fanno parte del sito seriale transnazionale “Le opere di difesa veneziane tra il XVI e XVII secolo: Stato da Terra – Stato da Mar Occidentale” che è costituito da sei strutture dislocate in Italia, Croazia e Montenegro e si estende per oltre 1.000 km tra la Lombardia e la costa adriatica orientale.
La città fortificata di Bergamo rappresenta l’estremità più occidentale del sistema di difesa della Serenissima e le sue fortificazioni si sostituirono ai tratti ancora esistenti delle mura dell’epoca romana. Il perimetro comprende il sistema fortificato veneziano nella sua complessità di mura interne (bastionate) ed esterne, con elementi fortificati come i Forti di San Vigilio e di San Domenico e la Cittadella e la Rocca.
L’ingresso più suggestivo è quello a sud, “Porta San Giacomo”. Dalla “Porta San Lorenzo”, posta a nord, passò invece Garibaldi, quando nel 1859 annesse Bergamo al Regno di Sardegna. Città Bassa e Città Alta sono collegate anche da una Funicolare che parte da Viale Vittorio Emanuele, ai piedi delle Mura, e arriva all’inizio della “corsarola”, l’antica arteria che taglia Bergamo Alta fino a Colle Aperto.

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