Il fatto

Aprica, è tutto oro quel che luccica?

Gli ecomostri adesso sono triplicati.

Aprica, è tutto oro quel che luccica?
Pubblicato:
Aggiornato:

Da mesi sentiamo parlare dei grandi e importanti rinnovamenti che sono stati praticati sulla ski area di Aprica. Prima fu il Baradello, poi la seggiovia della Magnolta, poi quest’anno anche la cabinovia e per il futuro si parla della nuova seggiovia al Palabione. Dati positivi incontrovertibili per il turismo dello sci, se aggiunti poi al nuovo parcheggio di San Pietro (anche se i posti auto saranno davvero pochi rispetto alla richiesta).

Ma, come sempre, c’è un ma. Perchè come contraltare alla realizzazione di grandi opere pubbliche, ci sono critiche e soprattutto ruderi che sono lì da vedere. E che sono una ferita per l’ambiente.

La ex stazione di partenza come la ex stazione di arrivo della Magnolta sono rimaste nello stesso posto, non sono state smantellate e ora allungano la lista degli ecomostri di cui Aprica è purtroppo ricca da tanti anni. Perchè non è stato previsto uno smantellamento che favorisse un netto miglioramento ambientale, dato che tutto il mondo del turismo montano va in quella direzione. In partenza la nuova struttura, sempre in lamiera, copre gran parte di quella vecchia, ma ne lascia abbandonati degli spazi. E poi la cabinovia non è stata studiata per raggiungere la cima della montagna, ma solo la malga. Il grande progetto del Baradello fu proprio il fatto che, raggiungendo la vetta, eliminava ogni altro tipo di impianto.

Queste nuove realizzazioni invece offrono certamente degli enormi passi avanti, ma sembrano realizzate a tronchi, favorendo la realizzazione di altri tronchi per raggiungere il punto desiderato, come già la cabinovia del Palabione, inaugurata più di venti anni fa. Insomma, non sarebbe più logico un solo grande impianto che raggiunge la cima delle ski area e lo smantellamento di tutti gli altri, compresi arroccamenti o inguardabili ex chalet chiusi e pericolanti come quello del Palabione?

Opinioni

Non si tratta di opinioni solo nostre, ma diffuse fra molti esperti dello sci che abbiamo sentito proprio in questi mesi, a seguito dell’ennesimo taglio del nastro.

Questo per non parlare del re degli ecomostri, il palazzetto dello sport per il quale spingemmo in ogni modo già qualche anno fa al fine di una demolizione che restituisse al paese un’oasi verde. Cosa si prevede di fare invece con i soldi pubblici? Tutto il contrario, nuove migliorie a una struttura obsoleta (riqualificazione energetica e abbattimento barriere architettoniche piscina comunale), che costa centinaia di migliaia di euro all’anno di manutenzione e che è stata edificata sopra un torrente alpino.

Insomma, se Aprica sta lavorando molto dal punto di vista impiantistico, non bisogna certo chiudere gli occhi su tutto quello che c’è ancora da fare per renderlo un vero paese di montagna. E, alle volte, basterebbe un po’ di dinamite.

Invece che costruire smantellare, e tornare a regalare ai turisti quel poco di verde che è sempre più una chimera. Qualche anno fa abbiamo proposto al sindaco Dario Corvi un abbattimento programmato del palazzetto, che ospita il centro sportivo e la piscina (entrambi realizzabili altrove, in posti più idonei, proprio con i soldi che vengono utilizzati per mantenerlo). Questo perchè in quell’area prima della sciagurata realizzazione c’era un laghetto di montagna. Quanti riconoscimenti prenderebbe oggi un sindaco che distrugge del cemento per ricreare un’area verde?

Come si può non sposare una tesi tanto green e sostenibile? Le Olimpiadi non potrebbero essere un’occasione, invece che per cementificare, per tornare all’ambiente che ci siamo giocato?

Seguici sui nostri canali