Tirano

Vividavivo, toccante testimonianza di vita

Messo in scena mercoledì dall’associazione AdAltaVoce per l’associazione Siro Mauro.

Vividavivo, toccante testimonianza di vita
Pubblicato:

Profondo, ma non cupo: così potrebbe essere definito Vividavivo, il testo scritto da Roberta De Devitiis e messo in scena dall’associazione AdAltaVoce per l’associazione Siro Mauro, che dal 2002 offre sostegno ai reparti di cure palliative degli ospedali di Morbegno e Sondalo. Potrebbe suscitare un po’ di apprensione l’idea di assistere ad una rappresentazione che affronta il tema della malattia terminale, un testo corale che trasporta lo spettatore in un hospice, il reparto più difficile dei già difficili reparti ospedalieri. Eppure la sala Beato Mario di Tirano era gremita alle 18.00 di mercoledì 9 aprile in occasione della prima rappresentazione, forse per la fiducia della quale godono, in Alta Valtellina, le due associazioni, l’una per le performances messe in scena dal 2020, l’altra perché è passata nella vita e nelle case di molti di noi, e in momenti difficili da dimenticare. In un’intensa ora e mezza, gli attori danno voce ai sentimenti che accompagnano, nell’ultimo tratto della malattia, i malati stessi, i loro familiari e - non da spettatori - il personale ed i volontari che, ordinariamente, condividono la meno ordinaria delle situazioni. In certi momenti non è facile trovare le parole e, in questo caso, il copione le ha cercate nei brani delle lettere di ringraziamento inviate al reparto dai degenti o dai loro familiari, ma anche nella scrittura condivisa degli attori, che hanno regalato le emozioni dei loro lutti, ed infine in alcune delle pagine più intense della letteratura, come la lode a 'sora nostra morte corporale' di Francesco d’Assisi.

Spettacolo

Sedie trasparenti a semicerchio, donne vestite di colori intensi (e un sacerdote in nero) un libro, una fotografia, una collana e dei gomitoli di filo: situazioni normali, uscite dalla vita di ciascuno di noi, per raccontare la più misteriosa delle situazioni, che nel mito antico era rappresentata dalla figura delle tre Parche, che tessono e recidono il filo della vita, o dal sorriso dolente di Euridice, che misteriosa ritorna nel mondo delle tenebre, abbandonando per la seconda volta un disorientato Orfeo. Nella musica di Jos Olivini, il mantice della fisarmonica diventa respiro, un metronomo battito, i destini dei malati strisce colorate di lana in una lunga sciarpa lavorata durante la veglia notturna. Il racconto si chiude con un uomo in pigiama, una figura non più fragile ma resa immensa dalla consapevolezza del valore della vita, insostituibile in ciascuno dei suoi attimi. Il fine vita non è facile, ma raccoglie momenti di profonda crescita e trasformazione: questo spettacolo li racconta, dimostrando che tutto ciò che fa parte dell’uomo può far parte del teatro e che molto di ciò che costituisce la finzione del teatro getta luce sulla reale, profonda essenza della vita.

Commenti
Lascia il tuo pensiero

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Seguici sui nostri canali