Villa di Tirano

Vera racconta la salvezza dai nazisti

Incontro con la signora Neufeld, che faceva parte del gruppo degli ebrei aiutati dai valligiani a fuggire in Svizzera.

Vera racconta la salvezza dai nazisti
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Un momento toccante venerdì 27 ottobre, per le comunità di Villa di Tirano e Aprica, per l’incontro con Vera Neufeld, sopravvissuta da piccola alla Shoah sulle nostre montagne e che è tornata in Valtellina dalla lontana Australia per rivedere i luoghi in cui potè salvarsi dalla persecuzione nazifascista assieme alla sua famiglia e ad altri 300 ebrei croati confinati in Aprica tra il 1942 e il 1943. La via di fuga furono i sentieri fra Villa di Tirano e la vicina e neutrale Svizzera. Prima Vera è stata accompagnata al Giardino della Memoria di Villa di Tirano, presenti per il Comune il vicesindaco Fabio Meleri e l’assessore Daniela Morelli, poi Ezio Gulberti dell’Ecomuseo della Resistenza oltre alle autorità militari e religiose. Forte il richiamo alla memoria per costruire la pace anche oggi, su una terra martoriata dai massacri. Ricordiamo che gli ebrei croati di Aprica riuscirono a trovare la salvezza in Svizzera, dopo l‘8 settembre 1943, grazie ad una catena di solidarietà costituita da sacerdoti, Carabinieri, Guardie di finanza e gente comune. Non si possono non ricordare in tal senso don Giuseppe Carozzi e don Cirillo Vitalini che furono gli artefici del salvataggio degli ebrei croati "confinati liberi" all’Aprica durante la Seconda guerra mondiale.

L'incontro

Alle ore 9.00 dunque il primo appuntamento al Giardino della Memoria di Villa di Tirano, dove sono stati ricordati tutti i Giusti che seppero intraprendere la via della generosità e della cura verso coloro che erano perseguitati. A seguire, in auditorium Mascioni, la signora Vera ha incontrato i ragazzi delle terze medie del paese, rispondendo anche a molte loro domande. Morelli ha introdotto l’incontro con gli alunni dando il benvenuto a Vera. "Quando studiamo le cose sui libri non possiamo capire quello che invece capiamo avendo qui una persona in carne e ossa che si è salvata percorrendo i nostri monti, quindi credo che per voi ragazzi sia oggi una grande possibilità". Poi il racconto dalla viva voce di Vera: "Non è facile avere coraggio di parlare in pubblico, soprattutto di questi argomenti. Sono passati tanti anni da allora ed è la quinta volta che vengo in Valtellina. Sono sempre commossa per voi che vi interessate ancora della mia storia, una storia che mi ha salvato la vita e l’ha salvata a tanti altri come me. Grazie è quello che posso dire a tutti voi". Poi una speciale dedica. "Senza Alan Poletti non avremmo ricostruito tutto questo percorso. Lo ringrazio come tutti voi".

Poletti e la storia

E’ stato quindi ricordato il lavoro di Alan Poletti (autore di "Una seconda vita. Aprica-Svizzera 1943, la salvezza"), uno scienziato appassionato di storia che avendo sentito parlare degli ebrei croati deportati all’Aprica, ha ricostruito tutta la loro storia in un libro. Erano, come detto, circa 300 persone; ebrei, comunisti, antifascisti perseguitati in Croazia. Venivano catturati e messi nei campi di concentramento. L’esercito italiano, che occupava una parte della Croazia, non volle accettate quella vergogna e quindi aiutò gli ebrei croati a venire in Italia dove sarebbero stati meno minacciati. Del gruppo in parte andarono in Aprica e in parte in Val d'Aosta. Quelli di Aprica ebbero per molto tempo una vita abbastanza tranquilla, addirittura ci fu una scuola per i bambini e la stessa Vera la frequentò, ricordando quel periodo di infanzia come molto felice. Vera poi da Aprica con i genitori e la sorella andarono a Sondrio perché il papà era malato e necessitava delle cure di un ospedale vicino. A Sondrio il contatto con il partigiano Vito Chiaravalloti che fu molto vicino alla famiglia e dopo l’8 settembre, quando per gli ebrei iniziò ancora di più la persecuzione nazista, contribuì con gli altri ad aiutare tutti quelli di Aprica a fuggire nella vicina Svizzera. La famiglia di Vera prima fece due tentativi falliti anche a causa degli accompagnatori - che non sempre erano onesti - ma la terza volta riuscì ad andare in Svizzera, dove fu accolta a Campocologno dalle autorità elvetiche che per prima cosa le diedero del pane da mangiare. "Partimmo da Sondrio, su un carretto trainato da un cavallo e da un certo punto in poi, a piedi. Non avevamo paura, i genitori ci proteggevano e poi noi bambini eravamo talmente piccoli... Ci siamo resi conto di tutto dopo". Dopo l’incontro di Villa la signora Vera ne ha effettuato uno simile anche in Aprica, dove è stata accolta dal sindaco Dario Corvi, da parte dell’amministrazione e, anche qui, dagli studenti della realtà orobica.

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