Tirano

Odissea e tragedia per la comunità di don Luciano Capelli alle Solomon

Gli Amis del vescovo tiranese denunciano la mancanza di sicurezza in quei luoghi.

Odissea e tragedia per la comunità di don Luciano Capelli alle Solomon
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In un comunicato gli Amis di don Luciano Capelli, vescovo tiranese alle isole Solomon, raccontano l’Odissea e la tragedia vissuta in questi giorni in quei luoghi. "Sono trascorsi pochi giorni dalla tragica morte dei 10 ragazzi e 4 adulti inghiottiti dall’oceano mentre in barca da Gizo erano diretti a Nila; facevano parte della comunità pastorale di don Luciano. La notizia ha prodotto, anche qui da noi, grande emozione e partecipazione al dolore dei familiari per la gravissima perdita. Purtroppo l’oceano è “Pacifico” solo di nome. Già pochi anni fa in un altro tragico avvenimento sono morte in mare quattro persone sempre della comunità di Gizo. In una notizia flash del 4 gennaio scorso don Luciano comunicava: “Domenica scorsa andando da Nila a Taro (4 ore di barca), si è bloccato il motore fuoribordo 40 hp per la miscela sporca. Chi ci doveva assistere non ci ha trovato. Abbiamo proceduto a passo di lumaca con onde che entravano. Sono felice di raccontarla”. Non ha più comunicato i particolari forse perché è andata bene e sono poi sopravvenuti gli avvenimenti luttuosi che conosciamo".

Poca sicurezza

Non solo. "Notavamo che tra gli occupanti delle due barche, di cui una è stata inghiottita dalle acque dell’oceano, nessuno aveva il salvagente. Non si usava 20 fa e, a quanto pare, non si usa neppure ora. Non è dato sapere se con il salvagente si sarebbero salvati, ma 6-7 ore di barca in mezzo all’oceano consigliavano un po’ di prudenza". E poi: "Anche noi abbiamo una storia da raccontare. E’ gennaio 2002, siamo arrivati in otto volontari (ORMA 1) da qualche giorno ad Henderson, la prima sede di don Luciano. Stavamo aspettando l’arrivo di due container che erano in ritardo. Don Luciano ci propone, allora, una vacanza di tre giorni a Yandina, una delle 992 isole dell’arcipelago delle Solomon; era l’occasione per conoscerci meglio dato che per alcuni era la prima volta insieme al missionario. Ebbene, anche in quella occasione capimmo che la sicurezza non era, e non è, una prerogativa dei barcaioli solomonesi".

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