We’ll be back

Il già leggendario tour europeo 2023 di Bruce Springsteen: tanti applausi dalla Valtellina

Oggi, 23 settembre 2023, il Boss compie 74 anni.

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Oggi, 23 settembre, è il 74esimo compleanno di Bruce Springsteen. In attesa delle date del tour che lo riporterà in Europa in primavera, pubblichiamo un'analisi di quello appena passato. Con qualche video sull'ultimo concerto di Monza, da Marco Quaroni.

Il già leggendario tour europeo 2023 di Bruce Springsteen

È stato un lungo cammino di quasi tre mesi e 31 date questo tour europeo di Bruce Springsteen and The E Street Band, atteso sette lunghi anni. Un cammino chiuso al parco di Monza con quel “We’ll be back” che ha suscitato un boato impressionante ricordando il “Ci vediamo ancora” del San Siro 2003, ormai 20 anni dopo. Non voglio scrivere la recensione dello show, ancora il più grande, sano, vero, umano, appassionato, commovente e vitale spettacolo rock in circolazione, perché già lo feci dopo le prime due date viste a Dublino in quell’ormai lontano e freddo inizio maggio. I concetti sono quelli. Di lì le mie tappe successive sono state Ferrara, Roma, Londra, Monaco e Monza.

Si tratta quindi solo di qualche considerazione generale, più che altro per addetti ai lavori del mondo springsteeniano.

A 74 anni da compiere Bruce sta facendo qualcosa di oltre l’umano, e non lo dico per fanatismo, cosa che non mi appartiene; consideriamo la quantità di date effettuate dal primo febbraio a Tampa al 25 luglio a Monza e  il tour è ripartito in Usa, a Chicago, dove andrà avanti fino a Natale… e poi… nuovo inizio.

La sua urgenza e la sua voglia di stare lassù a quell’età a suonare per tre ore in media ogni due sere sono sotto gli occhi del mondo, e nessuno lo fa al suo pari, con tanta costanza e tanta abnegazione. Nè i suoi storici coetanei, né, tantomeno, le giovani leve del rock (ammesso ne esistano, il britannico Sam Fender visto ad aprire Ferrara e Roma pare più un pulcino bagnato che un rocker). Questo, al netto di un filo logico che è chiaramente espresso nella scaletta - abbastanza rigida e riassuntiva dei 50 anni di carriera - già basterebbe per considerare l’artista e la sua band come dei professionisti impeccabili, come delle leggende musicali viventi che non hanno nessuna intenzione di starsene a casa a godersi i milioni guadagnati in modo sacrosanto.

Bruce ha riempito con decine di migliaia di persone parchi e stadi del vecchio continente, non risparmiandosi mai, dando fino all’ultima goccia di sudore, come da sempre ci ha abituato. La voce, per cui tutti avevano timore all’inizio dopo sette anni senza cavalcate rock, è ancora potente e impressionante, nonostante qualche normalissimo calo sia venuto, ma esattamente come avveniva anche nei tour precedenti. Anzi ha dato l’impressione di affinarsi e di crescere di data in data, proprio come la sua carica. Nello spettacolo di tre ore non si ferma un minuto e non fa una pausa. Della centralità del duo Last Man Standing e Backstreets abbiamo detto, della vita e della morte anche.

“Ti mette di fronte ai tuoi anni”, come mi ha detto il mentore e fratello maggiore Sandro Gugiatti.

E’ infatti un tour dai profondi significati emotivi, una trasposizione dello spettacolo solista di Broadway nell’arena del rock. E per certi versi forse sarà per sempre il tour di Bruce più significativo, quello che mostra di più la fragilità umana. Anche quando si strappa la camicia mostrando i pettorali, non lo fa per spacconeria, ma per mettersi a nudo davanti al suo pubblico, evidenziando anche tutte le sue debolezze e la sua età avanzata, nella certezza che i domani sono sempre meno e i ricordi sempre di più.

Negli occhi spesso gli leggi la commozione di quel male che lo tormenta, degli addii che sono diventati tanti. Anche nel look lo ha mostrato indossando a volte scarpette da tennis più comode o abbandonando finalmente la tintura dei capelli.

Certo, e qui comincia qualche analisi critica, non è il suo spettacolo più vario. Se è vero che la scaletta rigida (cambiava abbastanza, pur mantenendo il nucleo base di una ventina di brani, solo con due date successive nella stessa città), assoluta novità per lui, ben si sposa col progetto, se è vero che cartelli di richieste, bambini sul palco, ragazzette ballerine, avevano stancato, è altrettanto vero che appare strano, proprio per voler rispettare quel progetto e quel filo logico, dimenticare totalmente un album incentrato sulla morte come Western Stars, non cantandone nemmeno una canzone, quando pezzi da poter mettere da parte, almeno qualche volta, ce ne sarebbero.

Allo stesso modo è spiaciuto il quasi totale abbandono dell’album che ha portato al tour, pur essendo un disco di cover, Only The Strong Survive. L’unica eseguita, Nightshift, è una meraviglia. Diciamo che con due brani in più di questi due dischi la scaletta sarebbe stata perfetta pur non smarrendo il suo tema centrale.

Magari a scapito di una Mary’s Place proposta fino all’eccesso, per fare solo un esempio. Ma forse stiamo parlando del nulla, perché, con l’uscita del volume due del disco di cover, logicamente dovrà cambiare anche la scaletta dell’annunciato secondo tempo, quello che lo riporterà in Europa nel 2024. Se per paradosso volesse incentrare la valorizzazione di certi album in quella tornata, allora si capirebbe perché è stato così rigido nella prima. Perchè ora la grande domanda è quale scaletta presenterà il prossimo anno, avendo portato in giro questa volta una scelta perfettamente biografica dei 50 anni della sua, e nostra, storia. Solo il tempo ci dirà. Sono così mancate - non sempre ma quasi - anche quelle storiche sorprese che i fan di vecchia data sempre si augurano.

La perla che rende immortale una serata. Ma non per questo le serate non sono state indimenticabili. Passando alla band, archiviamo col solito voto stratosferico tutti i membri del gruppo, che hanno mostrato una tecnica straordinaria soprattutto in brani “strumentali” come Kitty’s Back; Nils, Garry, Max, Roy, Charlie e Steve, e pure fiati e cori (con un Curtis King sfruttato perfino troppo poco), che hanno ben colorato di soul anche i brani più rock. Jake Clemons non fa rimpiangere il pur inarrivabile zio, è un po’ baldanzoso ma bravo al sax anche se non ha quell’ampiezza mostruosa, e Bruce a fine show gli riserva un abbraccio davvero speciale, come se ancora volesse aggrapparsi al ricordo di Clarence. Francamente invece mi è venuto da chiedermi a cosa serva su quel palco il pur simpatico e pittoresco percussionista Anthony Almonte. Praticamente, nulla. Francamente maldigerisco il fatto che Patti Scialfa sia ufficialmente segnalata fra i membri della band, ma al contempo non ci sia mai. Una nota stonata. Della famiglia è spesso stata presente a bordo palco la bella figlia Jessica.

Riguardo il corposo contorno che sempre alimenta un tour di queste dimensioni, non voglio entrare nelle polemiche che hanno accompagnato le date italiane, guarda caso solo quelle. Le cito per dovere di cronaca. I prezzi sono stati fra i più bassi in Europa, e comunque in linea, spesso inferiori, a quelli che ormai contraddistinguono tutti gli ultimi mostri sacri del rock. A Londra, per esempio, il nostro Pit A, Gold Circle, costava almeno 70 euro in più. A Dublino invece il prato costava meno, ma non c’era biglietto Pit. A Monaco il Fos 1 una decina di euro in più. Purtroppo il mercato della musica oggi, non vendendo più dischi, è questo. Pratoni sì o no, Ferrara da annullare per l’alluvione (ipotesi surreale), Monza a rischio fino all’ultimo per le piante cadute, i No Roll Call che erano contrari, anche violentemente, ai gestori delle code per le prime file che ormai, purtroppo o per fortuna, ci sono da decenni (semmai ci sarebbe da discutere molto sul fatto di cominciarle una settimana prima, francamente stupido, folle e quasi impossibile da fare per chiunque lavori). Tutte queste vicende non mi hanno nemmeno sfiorato, mentre hanno purtroppo tolto molta attenzione dei media a colui che la meritava, il solo Bruce Springsteen. Tutto molto puerile e ipocrita, ognuno mantiene le sue idee su questi punti, tanto poi con Bruce dalla tua porti sempre a casa una vittoria a mani basse.

E il promoter italiano Claudio Trotta avrà pure molti difetti, ma è uno degli ultimi artigiani di questo mestiere, appassionato di musica e attento a ogni dettaglio. Ci guadagna? E’ giusto. Chi lavora senza voler guadagnare?

Inoltre la sfortuna del meteo non lo ha certo risparmiato, costringendo tutto lo staff a sforzi straordinari per ripristinare le aree concerto di Ferrara e Monza in tempo per i due eventi. Quando l’ho incontrato prima di questi due concerti era un fascio di nervi e faticava a salutare, quasi scortese. Comprensibile direi. Forse il suo più grande errore è stato negli anni quello di mettersi a parlare fin troppo con gli stessi fan, che lui chiama ‘i signori clienti’, creando così i gruppi a suo favore e quelli a suo sfavore.

Allo stesso modo è sembrato strano a tutti che Bruce non sia stato informato della vicina alluvione a Ferrara (membri autorevoli della band hanno confermato al serissimo fan club napoletano Pink Cadillac di non averne saputo nulla), così da poter dire le due parole di circostanza che avrebbero smorzato ogni protesta, è sembrata un po’ anacronistica rispetto al resto d’Europa l’idea dei token al posto dei soldi o delle carte di credito, e infine è apparso davvero complicato, ma certamente dovuto anche ai danni della bomba d’acqua, il deflusso dei 70mila nel dopo Monza. A tutto c’è una spiegazione. Sono tanto mancati gli stadi? Pazienza.

Ci saranno il prossimo anno. A volte da noi le polemiche devono essere costruite per forza, altrimenti non saremmo noi.

Altrimenti non si avrebbe la medesima visibilità. La bella Italia.

All’estero è tutto più sereno e rilassato. Quindi? Per concludere, c’è tanta nostalgia per i tour in cui non si vedevano centinaia di migliaia di telefonini a riprendere tutto il concerto, invece che guardarlo con i propri occhi; c’è tanta nostalgia per i concerti in cui arrivando la sera prima e bivaccando fuori dall’arena, eri in prima fila, e questo consentiva anche ad appassionati viscerali o attempati di essere davanti, mentre oggi per lo più il privilegio è riservato a ragazzini, pur lodevolissimi nel loro grande impegno, ma che hanno molto tempo da impiegare nelle code e pochi anni di passione sulle spalle; c’è tanta nostalgia se si pensa che dobbiamo goderci fino all’ultimo questi spettacoli, perché dopo, così, non ne vivremo mai più. Il rock che riempie i grandi spazi sparirà con la fine di questi personaggi epici.

Purtroppo verrà il tempo in cui non avremo più nulla da aspettare, programmare, e quindi poi avventure sempre mirabolanti da vivere e raccontare. Per cui, come dice lui dal palco, godiamoci il momento. Per fortuna, il sipario non è ancora calato.

We’ll be back.

E’ un privilegio poterti dire ‘all’anno prossimo’, Bruce.

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