Agrati innova e continua a crescere
Dal 2020 la multinazionale di Veduggio ha investito 120 milioni di euro per le trasformazioni epocali in corso
La piccola azienda metalmeccanica nata nel 1939 oggi è diventata una multinazionale leader mondiale specializzata nei sistemi di fissaggio innovativi, soprattutto per il comparto automotive. Oggi Agrati è presente in 3 continenti con 12 siti produttivi, 5 centri logistici e occupa oltre 2.400 dipendenti. Il colosso brianzolo acquista 160.000 tonnellate di acciaio, sviluppa 850 prodotti all’anno, produce 8 miliardi di pezzi per assemblare oltre 40 milioni di automobili nel mondo che, nel 2023, hanno permesso di realizzare un fatturato di 735 milioni di euro. Un colosso guidato da Paolo Pozzi, Ceo di Agrati e Presidente di EIFI, l’European Industrial Fasteners Institute.
L'intervista al CEO Pozzi
Gli ultimi anni sono stati difficilissimi per le imprese che hanno dovuto fare i conti con crisi economica, pandemia, aumento delle materie prime, inflazione e guerre. Agrati ha dimostrato non solo di essere resiliente ma anche di continuare a crescere diventando leader mondiale nel sistemi di fissaggio. Come ci siete riusciti e come pensate di affrontare le nuove sfide come transizione energetica, digitalizzazione e AI?
Tutte queste difficoltà le abbiamo gestite con la giusta determinazione consapevoli di cosa dovevamo fare avendo ben chiara la missione da seguire - ha esordito il Ceo Paolo Pozzi - Negli ultimi anni non abbiamo fatto acquisizioni ma abbiamo investito complessivamente oltre 120 milioni per migliorare la sostenibilità, i processi, l’efficienza e aumentare la capacità produttiva. Nel frattempo abbiamo gettato le basi per affrontare la transizione energetica, accelerare la digitalizzazione e affrontare il tema dell’intelligenza artificiale. La complessità maggiore, forse, è stata la Great Resignation, frutto di un nuovo atteggiamento al lavoro soprattutto da parte dei più giovani. Facciamo fatica a trovare personale generico, tecnici specializzati e persino manager anche per l’aumento del turnover. Oggi c’è minore propensione ad andare a lavorare in un’azienda manifatturiera come Agrati che lavora su tre turni. Questo fenomeno rende le imprese più deboli perché la stabilità delle organizzazioni resta un valore aggiunto. Ma ovviamente non ci diamo per vinti: offriamo un ambiente e un posto di lavoro stimolante, programmi di welfare evoluti; abbiamo attivato numerosi progetti di collaborazione con scuole superiori e università; l’Agrati University ha compiuto 16 anni e conta oltre 60 corsi a livello globale con il supporto di oltre 50 trainer interni.
Ci spiega un po’ più nel dettaglio cosa fate per le risorse umane in fatto di welfare? Quali azioni attivare per fidelizzare i dipendenti e attrarre nuovi talenti?
Garantiamo laddove possibile flessibilità lavorativa e smart working; organizziamo attività sportive e ricreative, anche per vivere l’azienda in modo informale; favoriamo il volontariato d’impresa consentendo ai collaboratori che lo desiderano di dedicare un giorno della loro settimana lavorativa a un’associazione per aiutare le persone fragili. Abbiamo una mensa che garantisce un’offerta ampia, anche per soddisfare diete particolari. Disponiamo di una piattaforma dove i dipendenti possono trasformare il premio di produzione e di presenza in crediti per acquistare buoni acquisto di vario genere: spesa alimentare, vacanze, carburanti… Siamo molto attenti alle risorse umane e in particolari ai neo assunti: dal 2015 i nuovi collaboratori, dopo quattro/cinque mesi dall’ingresso in Agrati, vengono invitati a un pranzo informale con il Presidente e alcuni membri della Direzione per avere uno scambio di opinioni; questa iniziativa ogni anno nel solo headquarter di Veduggio ci permette di avviare un confronto aperto e un dialogo costruttivo con almeno 25 nuovi assunti.
Innovazione e sostenibilità: cosa fa Agrati
Che ruolo hanno il Tech Center di Veduggio e Tokbo, cioè l’IntelligentTalking Bolt Network che porta l’IOT nell’industria dei componenti di fissaggio?
Tokbo oggi è una società con una propria organizzazione ma è nato nell’Agrati Tech Center: l’idea risale al 2018, mentre la tecnologia è stata testata e validata nel 2019, brevettata nel 2020 e lanciata nel 2021. È una start up che ci sta permettendo di affiancare l’elettronica ai fissaggi meccanici, dando “intelligenza” ai bulloni arricchendoli con una sensoristica capace di fornire dati precisi e informazioni in tempo reale da remoto. Oltre alla tensione della giunzione bullonata il sistema permette di misurare spostamenti, vibrazioni e temperatura. Questi dati sono raccolti attraverso una piattaforma digitale sviluppata da noi in collaborazione con Enovia che ha una quota di minoranza in Tokbo. Per Agrati si tratta di nuovo modello di business dove oltre al prodotto vendiamo anche un servizio che consiste nella raccolta, nello storage e nell’analisi dei dati oltrechè nella manutenzione del sistema. Tokbo ci permette poi un’integrazione molto elevata tra fornitore e cliente, oltre che di entrare in nuovi mercati - anche internazionali - come quello dei trasporti ferroviari e delle infrastrutture (strade, ponti)…
Complessivamente tra Agrati Tech Center - che è la nostra antenna tecnologia e il centro di ricerca del gruppo - e Tokbo operano 24 persone tra tecnici, ingegneri e ricercatori che saliranno a 30 entro fine anno.
La sostenibilità oggi è un dogma. Che obiettivi avete per raggiungere la Carbon Neutrality?
È un tema che stiamo affrontando con molta serietà e responsabilità da oltre cinque anni. Abbiamo sviluppato una strategia di decarbonizzazione con l’ambizione di raggiungere la Carbon Neutrality entro il 2039, anticipando il Green Deal dell’EU del 2050. I primi numeri certificano che siamo sulla buona strada: - 18% di CO2 emesse rispetto il 2019, + 67% di materie prime riciclate, + 60% di acquisti da fornitori locali, 20 ore di training per dipendente, 9,7 tasso di frequenza degli infortuni. Un lavoro che ci ha permesso di ottenere numerose certificazioni e riconoscimenti internazionali.
L’internazionalizzazione del Gruppo Agrati
Nel 2005 siete sbarcati a Shandong in Cina. Dopo quasi vent’anni qual è il bilancio dell’ingresso in Asia?
Abbiamo intravisto nella Cina potenzialità prima di altri competitors e siamo soddisfatti di quello che abbiamo costruito. Oggi disponiamo di un plant di 35.000 mq dove lavorano circa 350 persone. Il nostro obiettivo non è quello di fare una “guerra” sui volumi di prodotti standard ma sulla qualità di prodotti speciali e infatti Agrati si è imposta sui mercati asiatici grazie alle sue innovazioni. Nei primi anni la nostra produzione è stata prevalentemente al servizio del Gruppo Volkswagen e successivamente degli altri costruttori e componentisti europei in Cina ma oggi stiamo lavorando sempre di più con clienti locali per diventare partner dei più importanti costruttori cinesi come BYD e NIO. Una sfida sempre più globale e in continua evoluzione, del resto basti pensare che sino a pochi anni fa Tesla e i produttori cinesi avevano un peso del tutto trascurabile nel mercato automotive, mentre oggi insieme vantano una quota del 15% destinata a raddoppiare nel giro di qualche anno.
Negli States siete arrivati più tardi, ma ora avete una presenza molto più ramificata. Qual è il valore della presenza sul mercato americano?
Nel 2016 siamo entrati negli Usa grazie a un’acquisizione e oggi rappresenta il 25% delle vendite di Agrati. Il mercato americano ha minori prospettive di crescita rispetto a quello asiatico, ma resta sempre molto dinamico soprattutto per quanto riguarda il mercato del lavoro.
I progetti per il futuro
Nel 2022 avete acquistato l’area ex Puricelli. Con quale obiettivo?
Avevamo un’esigenza urgente di realizzare un nuovo parcheggio a Veduggio per completare un importante progetto di logistica interna. Una volta esaurita questa esigenza ci concentreremo su come utilizzarla al meglio.
Ci sarà qualche idea…
Stiamo pensando di costruire un Polo per valorizzare ulteriormente le attività di innovazione, formazione e marketing, magari arricchito da altri servizi per i dipendenti per fare di Agrati un’azienda sempre più moderna e attrattiva.
In passato si era parlato della possibilità di andare in Borsa. È ancora una prospettiva valida o è stata accantonata?
Dal punto di vista teorico resta sempre un’opzione valida quella di aprire il capitale, oggi controllato al 100% dalla famiglia Agrati. Ma prima di andare a Piazza Affari servono condizioni favorevoli e una finalità, un progetto da finanziare…
Lei da quasi un anno è stato nominato presidente di EIFI, l’European Industrial Fasteners Institute, che per la prima volta è guidato da un manager italiano. Quali sono i suoi obiettivi?
EIFI raggruppa tutte le associazioni europee che rappresentano i produttori di fasteners che lavorano nel settore automotive e di tutti gli altri comparti. Il settore europeo rappresenta il 25% del comparto globale dei fasteners che vale circa 80 miliardi di euro l’anno e questo testimonia l’importanza del livello europeo in termini di fatturato e occupazione. L’obiettivo è quello di aumentare la visibilità, migliorare le relazioni con i centri decisionali a livello europeo, dal Parlamento alla Commissione EU e poter difendere gli interessi e le specificità del nostro settore industriale.