Il caso

Banca Popolare Sondrio, slitta al 2021 la trasformazione in società per azioni

Le Commissioni Affari costituzionali e Lavori Pubblici del Senato che stanno lavorando alla conversione in legge del decreto Semplificazioni hanno approvato un emendamento che prevede la proroga di un anno.

Banca Popolare Sondrio, slitta al 2021 la trasformazione in società per azioni
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Slitta al prossimo anno la trasformazione della Banca Popolare Sondrio in società per azioni. Ieri, mercoledì 2 settembre 2020, le Commissioni Affari costituzionali e Lavori Pubblici del Senato che stanno lavorando alla conversione in legge del decreto Semplificazioni hanno approvato un emendamento che prevede la proroga di un anno.

Banca Popolare Sondrio e il caso della trasformazione in Spa

Il caso della trasformazione in Spa della Bps sta tenendo banco ormai da diversi anni. E nell'ambito del decreto semplificazioni, è stato votato un emendamento che prevede, appunto, lo slittamento al 2021 della trasformazione delle popolari con attivo superiore a 8 miliardi di euro da banche cooperative a società per azioni. Un provvedimento varato dal Governo presieduto all'epoca da Matteo Renzi che aveva visto tutti gli istituti di credito procedere al cambiamento di statuto ad eccezione di Bps e Popolare di Bari. Poi, proprio il giorno precedente all'assemblea dei soci della Bps che avrebbe dovuto sancire il cambiamento era arrivato lo stop legato ai ricorsi di alcuni soci.  Quindi tutto si era fermato con una serie di pronunciamento tanto del Consiglio di Stato che, l'ultimo in ordine di tempo, della Corte di Giustizia Europea. Quest'ultima, nel luglio di quest'anno, aveva ribadito la conformità della legge che nel 2015 imponeva la trasformazione in Spa  alla normativa europea. E c'era quindi attesa per l'1 ottobre quando è prevista l’udienza del Consiglio di Stato per valutare la rimozione delle ordinanze sospensive in merito all’obbligo di trasformazione delle popolari.

Il braccio di ferro con Amber

A gettare benzina sul fuoco era stato anche il braccio di ferro tra i vertici della banca valtellinese - il presidente Francesco Venosta e il consigliere delegato Mario Alberto Pedranzini - e il primo azionista, vale a dire il fondo Amber. Proprio dal fondo era partita la richiesta del pronunciamento della Corte di Giustizia Europea.

 

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