gli indicatori

Con prudenza e cautela migliora l'economia del territorio

L'analisi dell’Osservatorio Congiunturale realizzato dai Centro Studi di Confindustria Lecco e Sondrio e Confindustria Como per i primi sei mesi del 2022.

Con prudenza e cautela migliora l'economia del territorio
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I dati dell’Osservatorio Congiunturale realizzato dai Centro Studi di Confindustria Lecco e Sondrio e Confindustria Como per i primi sei mesi del 2022 tracciano uno scenario caratterizzato da un aumento degli indicatori associati a domanda, attività produttiva e fatturato.

Il miglioramento è rilevabile sia a livello tendenziale, attraverso il confronto con i primi sei mesi del 2021 (+10,7% per i tre indicatori), sia a livello congiunturale nel confronto con lo scorso semestre luglio-dicembre (+9,6%).

Prudenza

Le aspettative per il semestre luglio-dicembre 2022 rivelano prudenza e, pur attestandosi su entità positive, si mantengono al di sotto dei tre punti percentuali (in media +2,3% per i tre indicatori).

Il tasso medio di utilizzo degli impianti produttivi si attesta, tra gennaio e giugno 2022, a quota 78,7%, al di sotto di quanto analizzato nel corso della precedente edizione dell’Osservatorio (81% per il secondo semestre 2021). All’interno del campione d’indagine sono riscontrabili alcune differenze, in particolare considerando i comparti di attività, mentre a livello dimensionale il quadro risulta più omogeneo. La capacità cresce via via considerando le realtà tessili (74,9%), metalmeccaniche (79,7%) e degli altri settori (80,3%). In termini dimensionali, le realtà con oltre 50 occupati (80,2%) esprimono un impiego di poco superiore a quanto indicato dalle imprese di piccole dimensioni (77,9%). Il contributo della produzione che le aziende dei tre territori non realizzano internamente bensì gestiscono ricorrendo a pratiche di outsourcing si attesta all’3%; la subfornitura coinvolge prevalentemente partner italiani (2,7%) mentre è residuale l’apporto delle realtà straniere (0,3%).

La quota di fatturato realizzato dalle imprese lecchesi, sondriesi e comasche oltre i confini nazionali nella prima metà dell’anno si attesta a circa un terzo del totale (32,3%), a conferma della competitività del tessuto produttivo a livello internazionale.

La leva dell’internazionalizzazione, unitamente alla costante innovazione e alla qualità dei processi e dei prodotti, consente infatti alle realtà dei tre territori di competere a livello mondiale. Le realtà di medie dimensioni eccellono sui mercati internazionali, realizzando il 55% del proprio fatturato attraverso l’export; la quota delle imprese fino a 50 occupati risulta invece pari ad un quinto del totale (20,4%).

La principale area di destinazione delle merci e dei servizi lecchesi, sondriesi e comaschi al di fuori dell’Italia è rappresentata dall’Europa Occidentale dove è generata oltre la metà dell’export, una quota pari al 17,6% delle vendite totali. Seguono per rilevanza gli scambi diretti verso l’Est Europa (3,6%), i BRICS (2,5%), gli Stati Uniti (2,4%), l’America Centro-Meridionale (1,4%) e l’Asia Occidentale (1,1%).

I pareri qualitativi formulati dalle imprese del campione riguardo l’andamento del fatturato nella seconda metà del semestre, nello specifico tra aprile e giugno 2022, evidenziano un miglioramento degli scambi sia per il mercato domestico, dove si registrano le indicazioni più favorevoli, sia per l’export. Esaminando più nel dettaglio, le vendite in Italia sono considerate in aumento da oltre una realtà su due (51,8%), stabili dal 35,5% mentre in riduzione dal rimanente 12,7%.
Per quanto concerne le esportazioni, il 51,3% del campione giudica il quadro stabile, il 32% comunica una crescita mentre il 16,7% una diminuzione.

Le imprese continuano a segnalare criticità legate all’approvvigionamento delle materie prime, al marcato e continuo apprezzamento dell’energia elettrica e del gas, che rischia di essere insostenibile nel lungo periodo per la maggior parte dei settori produttivi, e dal proseguire del conflitto tra Russia e Ucraina.
Le commodities necessarie a garantire l’attività delle aziende hanno continuato ad aumentare il loro costo anche nel corso dei primi sei mesi del 2022. Tra gennaio e marzo il 33,2% del campione ha indicato un aumento fino ai 10 punti percentuali rispetto ai listini del trimestre precedente mentre il 53,5% ha comunicato incrementi addirittura superiori (oltre il 10%). Tra aprile e giugno invece la quota di imprese che ha indicato di aver registrato ulteriori apprezzamenti dei listini dei fornitori con entità fino al 10% si è attestata al 46,4% mentre il 36,7% del campione ha segnalato un aumento più elevato (oltre il 10%).

A fianco dell’aumento dei prezzi, sono proseguite le segnalazioni di difficoltà lungo le catene di fornitura, come già registrato lungo tutto il 2021; in circa quattro casi su cinque (79,7%) si sono verificate estensioni delle tempistiche necessarie ad ottenere le merci, nel 43,3% sono state consegnate quantità inferiori a quelle ordinate ed infine nel 21,3% è stato riscontrato un peggioramento delle qualità dei beni approvvigionati.
La criticità fin qui elencate, in concomitanza dei balzi dei prezzi delle commodities energetiche, hanno determinato effetti distorsivi sulle aziende: impatti significativi sui costi di produzione (87,8% dei casi), contrazione dei margini di profitto (80,9%), la necessità di riorganizzare il lavoro e l’attività produttiva (28,2%) nonché la limitazione e in casi estremi l’interruzione dell’attività aziendale in concomitanza delle fasce orarie della giornata a più elevato costo energetico (14,7%).

Il perdurare del conflitto russo-ucraino e l’introduzione delle successive misure sanzionatorie hanno inoltre aggravato il quadro generale per molte imprese: nel 27,9% delle realtà è stata riscontrata una contrazione della domanda proveniente direttamente o legata alle aree coinvolte, nel 22,1% è avvenuta una diminuzione del fatturato e della quota di export ed infine nel 46,8% è stato registrato un peggioramento delle criticità inerenti all’approvvigionamento.

Sul versante dei rapporti tra le imprese e gli Istituti di credito, il primo semestre 2022 ha delineato un quadro caratterizzato da una diffusa stabilità delle condizioni, indicata da circa tre realtà su quattro (oltre il 71%).

Da segnalare, nel caso delle spese e delle commissioni bancarie, nonché della richiesta di tassi e di garanzie, a fianco del 71,2% di indicazioni di mantenimento e del 0,9% di miglioramento, la quota del 27,9% in peggioramento.

Con riferimento alla disponibilità degli Istituti a concedere credito attraverso l’attivazione di nuove linee o l’espansione di quelle esistenti, l’87,9% delle imprese non ha segnalato modifiche, il 3,2% una maggior apertura mentre l’8,9% una minor propensione ad esaudire le richieste.

Per quanto riguarda invece i giudizi espressi riguardo la propria liquidità aziendale, la situazione è considerata nella norma per oltre sette realtà su dieci (71,3%), viene espressa soddisfazione dal 12% mentre è reputata migliorabile dal 16,7%.

Nei primi sei mesi dell’anno l’occupazione è risultata caratterizzata da una generale tendenza alla conservazione dei livelli. La stabilità, segnalata direttamente da oltre tre realtà su quattro (75,85), risulta avvalorata dal bilanciamento tra le indicazioni di aumento (13,2%) e diminuzione (11%) che assumono entità simili. Le aspettative per la seconda parte dell’anno si confermano orientate alla stabilità (73,85); è riscontrabile però una maggior incidenza delle ipotesi di espansione dei livelli occupazionali (18,5%) rispetto alle previsioni di diminuzione (7,7%).

Conseguenze della guerra

Lo scenario penalizzato dai fattori materie prime ed energia è stato ulteriormente aggravato dagli effetti generati dal conflitto tra Russia e Ucraina che hanno determinato e stanno continuando a farlo, distorsioni sul mercato sia in termini di disponibilità di particolari merci e beni, sia in termini di prezzi e dinamiche finanziarie.
Il perdurare del conflitto e delle relative sanzioni, che a livello internazionale sono state attuate, hanno determinato una contrazione della domanda per oltre un quarto delle aziende lecchesi, sondriesi e comasche (27,9%) nonché una conseguente diminuzione del fatturato e della quota di export per il 22,1% del campione.
In aggiunta, il 46,8% delle realtà ha evidenziato come il conflitto abbia aumentato, sia per ragioni evidenti, sia per altre dinamiche meno ovvie, un ulteriore aumento delle criticità di approvvigionamento delle materie prime.

Domanda

Nei primi sei mesi del 2022 l’indicatore associato agli ordini delle aziende di Lecco, Sondrio e Como registra una crescita su entrambi gli orizzonti temporali di analisi considerati.
La variazione tendenziale riscontrata rispetto al corrispondente periodo dello scorso anno si attesta al +10,5% mentre il raffronto congiunturale con la seconda metà del 2021 rivela un incremento del +7,8%, dato che conferma al rialzo le previsioni formulate in occasione della precedente edizione dell’Osservatorio (+6,2%).
Le ipotesi per l’andamento della domanda nella seconda parte dell’anno restano positive, pur risultando ridimensionate (+3%) rispetto alle variazioni riscontrate per il primo semestre.

Produzione

La produzione delle imprese dei tre territori risulta in linea con quanto esaminato per la domanda e rivela variazioni favorevoli su entrambi gli orizzonti temporali d’analisi.
Il raffronto con il semestre gennaio-giugno 2021 mostra un aumento tendenziale di circa sette punti percentuali e mezzo (+7,4%).
Il dato congiunturale registrato rispetto alla seconda metà dello scorso anno, periodo per il quale era stata riscontrato un aumento del 5,4% sui precedenti sei mesi, si attesta invece al +8,9%, al di sopra delle previsioni (+5,3%).
Le aspettative per l’andamento dell’attività produttiva nella seconda parte del 2022 risultano conservative e si attestano al +1,2%.

La capacità produttiva mediamente impiegata tra gennaio e giugno 2022 si attesta al 78,7%, di circa due punti percentuali al di sotto riaspetto a quanto esaminato per il precedente semestre (81% tra luglio e dicembre 2021).
All’interno del campione sono individuabili alcune differenze, sia in termini dimensionali, sia riguardo il settore: le realtà di medie dimensioni (80,2%) evidenziano un tasso di utilizzo degli impianti superiore a quanto indicato dalle aziende fino a 50 occupati (77,9%); riferendosi invece ai comparti di attività, si registra un tasso del 79,7% per le realtà metalmeccaniche, del 74,9% per le tessili e del 80,3% per le imprese degli altri settori non precedentemente considerati.
La produzione non gestita direttamente delle imprese ma affidata a pratiche di subfornitura contribuisce a determinare un ulteriore 3% dell’attività, che si aggiunge a quanto realizzato internamente; l’outsourcing produttivo coinvolge prevalentemente soggetti operanti entro i confini nazionali (2,7%) mentre è residuale l’apporto dei partner stranieri (0,3%).

Fatturato

Tra i tre indicatori quello associato alle vendite mostra le performance migliori durante la prima metà del 2022; la variazione registrata per le imprese dei tre territori risulta infatti superiore ai dodici punti percentuali su entrambi gli intervalli di analisi considerati.
Il dato tendenziale, misurato attraverso il confronto con i livelli del semestre gennaio-giugno 2021, si attesta al 14,2%.
La variazione congiunturale rispetto al periodo luglio-dicembre dello scorso anno, quando il fatturato era stato valutato crescere del 5,9% rispetto ai precedenti sei mesi, risulta invece pari al +12,2%, al di sopra delle previsioni formulate ad inizio anno in occasione della scorsa edizione dell’Osservatorio (+5,1%).
Le aspettative per l’evoluzione delle vendite nella seconda metà dell’anno in corso sono positive ma, in continuità con quanto esaminato per la domanda e l’attività produttiva, si attestano su un cauto +2,7%.

I pareri qualitativi formulati dalle imprese del campione riguardo l’andamento del fatturato nella seconda metà del semestre, in particolare tra aprile e giugno 2022, delineano un quadro in miglioramento sia per il mercato domestico, per cui oltre la metà del campione indica un aumento delle vendite, sia a livello di export, per il quale la quota di imprese indicanti un aumento è di un terzo circa.
Esaminando nel dettaglio, il fatturato in Italia è considerato crescere in oltre un caso su due (51,8%), è ritenuto stabile nel 35,5% mentre in diminuzione nel rimanente 12,7%.
Le esportazioni sono indicate invece in espansione dal 32% delle aziende, si mantengono sugli stessi livelli dei primi tre mesi dell’anno per il 51,3% delle realtà mentre sono in diminuzione per il restante 16,7% di imprese.

Le imprese lecchesi, sondriesi e comasche confermano la loro marcata propensione all’internazionalizzazione, uno dei principali di fattori di sviluppo che consente al territorio di continuare a svilupparsi e competere in tutto il mondo. Nel corso dei primi sei mesi dell’anno la quota di fatturato realizzato al di fuori dei confini nazionali si attesta a poco meno di un terzo del totale (32,3%).
La principale area di destinazione delle merci oltre il mercato domestico è rappresentata dall’Europa Occidentale, territorio in cui viene realizzata oltre la metà dell’export e una quota pari al 17,6% del fatturato totale.
Seguono per rilevanza le vendite dirette verso l’Est Europa (3,6%), i BRICS (2,5%), gli Stati Uniti (2,4%), l’America Centro-Meridionale (1,4%) e l’Asia Occidentale (1,1%). In Italia è determinato il 67,7% del fatturato complessivo mentre nelle restanti aree del globo non precedentemente menzionate viene realizzato il rimanente 3,6%.

Materie prime

Le analisi inerenti l’andamento delle materie prime e, più in generale, le condizioni di approvvigionamento per le aziende dei tre territori, rivelano il proseguire di criticità che rendono difficoltosa la gestione dell’attività aziendale.
Così come esaminato ormai dai mesi finali del 2020, sul versante delle commodities continuano a manifestarsi problemi.
Con riferimento all’andamento dei listini di acquisto, l’86,7% del campione ha indicato di aver affrontato apprezzamenti tra gennaio e marzo mentre l’83,1% delle aziende ulteriori rincari tra aprile e giugno.
Le criticità hanno riguardato anche l’allungamento dei tempi di consegna, a cui sono state soggette circa quattro realtà su cinque (79,7%), la riduzione delle quantità effettivamente approvvigionate rispetto a quelle richieste, che ha penalizzato il 43,3% del campione, e il peggioramento della qualità delle merci, rilevato dal 21,3% delle imprese.

L’aumento del costo delle materie prime, in concomitanza dei pesanti rincari che hanno e continuano ad interessare i prezzi dell’energia elettrica e del gas, hanno determinato conseguenze sulle aziende dei tre territori: nell’87,8% dei casi sono stati causati impatti significativi sui costi di produzione, con riduzioni rilevanti dei margini di redditività per l’80,9% del campione, nel 28,2% le imprese sono state costrette ad attuare riorganizzazioni del lavoro e dell’attività produttiva ed infine nel 14,7% sono state effettuare limitazioni fino a vere e proprie interruzioni dell’attività aziendale, soprattutto in concomitanza delle fasce orarie a più elevato costo dell’energia.

Occupazione

I primi sei mesi del 2022 hanno tracciato un quadro di generale e diffusa stabilità sul versante dell’occupazione per le imprese dei tre territori.

Esaminando i giudizi formulati, infatti, in oltre tre casi su quattro (75,8%) sono stati evidenziati livelli in mantenimento, mentre in caso di variazione, le indicazioni di aumento (13,2%) e di contrazione (11%) hanno assunto entità tra loro simili.

Le aspettative occupazionali per la seconda parte dell’anno conservano un prevalente sentiment di stabilità (73,8%) a cui si accompagna però una maggior incidenza di indicazioni di aumento dei livelli (18,5%) rispetto a quelle di riduzione (7,7%).

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