Tagli e troppa precarietà: la situazione dei settori agroalimentare, tessile, chimico ed elettrico
Ecco l’analisi della CGIL.
Il congresso provinciale della Camera del lavoro territoriale di Sondrio si terrà alla fine di quest’anno, ma per alcune categorie della Cgil di Sondrio è già tempo di cambiamenti.
Da questa settimana alla guida della Flai, la federazione che riunisce i lavoratori dell’industria alimentare e dell’agricoltura, c’è Valter Rossi, ex responsabile della Filctem. Ai vertici della Filctem, che si occupa del tessile, del chimico e dell’energia, prende posto Vittorio Boscacci, che fino ai giorni scorsi ha guidato la Flai. Questo doppio avvicendamento, approvato dai direttivi di categoria a Teglio, è stato una preziosa occasione per tracciare un bilancio del lavoro svolto e della situazione dei comparti.
Nel settore alimentare c‘è tanto lavoro, ma troppa precarietà
Vittorio Boscacci assume il ruolo di segretario provinciale della Filctem dopo anni trascorsi alla guida della Flai, occupandosi dei lavoratori dell’agroalimentare e dell’agricoltura.
«A livello di volumi c’è stata la ripresa dopo una prima parte del 2020 che aveva fatto segnare un netto calo – premette Boscacci -. Da un lato questo trend è confortante, dall’altro però la situazione è preoccupante perché continua a venire avanti la problematica del precariato.
Nonostante gli accordi di secondo livello, che in molte fabbriche garantiscono il coinvolgimento di tutti i lavoratori attivi nella stessa azienda, una parte del personale continua a essere, in buona sostanza, precaria.
Abbiamo prodotti che rappresentano le eccellenze del nostro territorio, ma la qualità dell’occupazione non è altrettanto elevata, visto che la percentuale di somministrati è in molti casi molto rilevante».
Nell’ultimo decennio la Flai – organizzazione che rappresenta ben 700 iscritti - ha avanzato in numerose occasioni la richiesta di sottoscrivere un contratto provinciale del settore delle bresaole. «
Ma purtroppo non c’è stato niente da fare – sottolinea Boscacci -. Un accordo di questo tipo comporterebbe dei benefici sia per i lavoratori, sia per le imprese. In una fase difficile come quella attuale, ad esempio per i continui aumenti del costo dell’energia e del gas, permetterebbe di evitare forme di concorrenza sleale interne al settore.
Abbiamo assistito con piacere a delle sinergie nate tra vari produttori per valorizzare la bresaola fatta con carne italiana: sarebbe bello assistere alla stessa capacità di fare squadra anche per firmare il contratto provinciale».
L’andamento positivo riguarda anche l’agricoltura.
«Abbiamo aziende di alto profilo nei comparti del vino, delle mele, dei prodotti caseari e avicolo. Mi riferisco alla Vallespluga di Gordona, che nonostante il trend poco entusiasmante del settore del pollame sta investendo nel sito produttivo».
Produzioni di alto livello, insomma, dove manca però la contrattazione territoriale.
«C’è il contratto provinciale dell’agricoltura e l’ente bilaterale garantisce un prezioso supporto in vari ambiti, ma per quanto riguarda le aziende non abbiamo integrativi. Auspichiamo quindi di potere aprire delle trattative nelle più rappresentative imprese agricole della provincia».
Tessile ed energia, quanti tagli. Il chimico è in buona salute
Valter Rossi lascia una Filctem in buona salute, con 450 iscritti e un’importante rappresentatività in tutte le aziende dei tre settori nei quali è attiva. Ma nei tre comparti non mancano le criticità.
«Lascio un’organizzazione presente in tutte le maggiori realtà del tessile, del chimico e dell’energia – premette Rossi -. Purtroppo la situazione dei tre settori non è altrettanto positiva».
Il 2021 si è chiuso con la fine dell’attività della Noyfil di Andalo, che è costata il posto di lavoro a 70 persone.
«È l’ultimo passaggio di una serie di avvenimenti drammatici, che hanno portato a un drastico ridimensionamento, nell’ultimo decennio, del tessile – spiega Rossi -. Il numero di dipendenti si è dimezzato. C’è stato sì l’arrivo a Traona di una nuova società, Gloria Med, ma nel complesso sono rimaste non più di 400 persone. Negli anni Ottanta c’erano mille addetti solo nel capoluogo».
Non emergono preoccupazioni dalla gomma-plastica e dal bio-medicale, realtà collegate nel distretto tiranese.
«Anche se – sottolinea Rossi – nelle aziende del settore farmaceutico si riscontra una certa difficoltà nell’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Secondo noi la variabile centrale è la qualità dell’occupazione, dalla quale dipende l’attrattività dei posti. Negli ultimi dieci anni si è abbassata sia dal punto di vista delle tipologie delle assunzioni, visto che nel 25% dei casi si parla di contratti di somministrazione, sia per l’inquadramento. Se ai giovani non si danno certezze, è naturale che cerchino delle alternative».
È ben più negativa, invece, la situazione del settore dell’energia.
«Stiamo parlando dell’industria più ricca della provincia di Sondrio, con un fatturato di circa 500 milioni di euro all’anno per l’idroelettrico – conclude Rossi -. Gli organici sono ridotti all’osso, visto che in tutto ci sono circa 550 addetti tra grandi società di produzione, distribuzione e municipalizzate. Anche in questo caso abbiamo assistito a dei cambiamenti negativi: basti pensare ai guardiani delle dighe assunti tramite le cooperative. È scandaloso che in un comparto che fa segnare questi volumi d’affari e profitti si insista a proporre soluzioni che ben poco hanno a che fare con la dignità del lavoro».