sanità di montagna

Carenza personale sanitario: alcune soluzioni presentate al Ministero

Dalla Prefettura di Sondrio è stato lanciato l'allarme con la richiesta di un intervento urgente da parte delle Istituzioni

Carenza personale sanitario: alcune soluzioni presentate al Ministero
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Il Prefetto di Sondrio, salvatore Pasquariello ha informato il Ministero della Salute, il Ministero dell’Università e della Ricerca, il Dipartimento della Funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Interno e la Regione Lombardia circa la gravissima situazione in cui versa la provincia di Sondrio a causa della carenza di personale sanitario (medici, infermieri e altri operatori sanitari) che si è riscontrata nella medicina territoriale, nelle strutture ospedaliere e nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA).

Manca personale sanitario

In particolare con l’apporto di due articolate relazioni da parte dei Direttori Generali dell’Agenzia di Tutela della Salute (ATS) e dell’Agenzia Socio Sanitaria Territoriale (ASST) e a seguito di un incontro specifico riservato alle RSA, il Prefetto ha puntualmente rappresentato ai citati organi di Governo le gravi criticità legate alla carenza di personale sanitario, aggravate peraltro in maniera importante dal lungo periodo di pandemia tuttora in atto, che stanno mettendo in ginocchio l’intero sistema della sanità nella provincia.

Problemi

I problemi riscontrati sono, tra gli altri, i seguenti:

1. In primis vi sono medici in quiescenza che sarebbero disponibili a lavorare ancora, ma il Sistema Sanitario Nazionale (SSN) non può utilizzarli (fatto salvo per il periodo emergenziale e per l’effettuazione delle vaccinazioni anticovid) a seguito del disposto di cui all’art. 5, comma 9, del decreto legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, che qualora abrogato o modificato consentirebbe anche al settore pubblico di utilizzarli, eventualmente con limitazioni di orario e con esclusione di incarichi di responsabilità gestionale.

2. La scarsità di giovani medici sopra indicata è anche frutto dell’incremento, sicuramente necessario, ma repentino, del numero di borse di studio per le specialità. Il medico in formazione specialistica, ai sensi dell’art. 40 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, risente di varie incompatibilità per incarichi, anche del SSN. La modifica delle norme relative consentirebbe di alleviare le difficoltà organizzative con pressochè nessuna ricaduta negativa per le attività di formazione e con il risultato di garantire al medico un incremento stipendiale.

3. L’attuale sistema formativo spinge il medico neolaureato ad entrare in una qualunque specialità, spesso senza aver potuto orientarsi. Se invece gli fosse consentito di essere assunto come medico in formazione, con la valorizzazione del servizio prestato al fine del punteggio di accesso alla specialità, ciò consentirebbe un adeguato periodo di orientamento. La norma relativa è quella contenuta del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 483.

RSA

Per ciò che riguarda le RSA, è stato evidenziato come la situazione di carenza di operatori sanitari e assistenziali abbia raggiunto livelli di criticità così elevati da mettere a rischio la continuità di funzionamento di interi nuclei di RSA ed inoltre come, in molte realtà, il mantenimento in funzione dei posti di RSA sia ormai legato alla permanenza in servizio di uno o due infermieri, oltre che di un medico. Un’eventuale, ulteriore riduzione di posti si tradurrebbe, inevitabilmente, in un notevole incremento della domanda di “lungassistenza” che andrebbe a gravare sull’azienda ospedaliera, dal momento che gli ospiti delle residenze non sono assistibili al domicilio.

In alcune realtà, l’erogazione dei servizi sanitari è in parte possibile solo grazie alla buona volontà di medici e infermieri pensionati che, per spirito umanitario, prestano la loro attività nelle RSA e in altre, a breve, la carenza di personale infermieristico non consentirà la totale copertura dei turni di notte e occorrerà procedere alla sostituzione degli infermieri con operatori socio sanitari (OSS).
Possibili soluzioni

Proposte

Nelle note trasmesse agli organi di governo nazionali e regionali sono state dunque rappresentate le seguenti proposte che, anche in un’ottica di breve periodo, potrebbero essere utili al fine di attenuare le conseguenze negative legate alle citate carenze:

1. prevedere la possibilità di assumere medici neo laureati.

Una discreta percentuale di medici, per ragioni diverse, quali ad esempio il basso numero di posti disponibili nelle scuole di specialità, non ha alcuna possibilità di lavorare in un ospedale pubblico; si potrebbe sperimentare un “ritorno al passato” derogando, per l’ASST Valtellina, alle disposizioni del decreto legislativo n. 502/1992 e successive modifiche ed integrazioni e concedendo la possibilità di assumere medici non specializzati. Tali medici potrebbero avviare, così, la loro formazione direttamente sul campo (come era in epoca pre riforma del 1992) potendosi, poi, iscrivere, con il ricorso a canali preferenziali, a una scuola di specializzazione;

2. potenziare le collaborazioni con le Università per fare diventare gli ospedali della Valtellina sedi di scuola di specialità ricorrendo, anche, alla clinicizzazione di alcune strutture.

Tale proposta è complementare alla prima: l’Università, infatti, darebbe rilievo al percorso iniziato dai medici non specializzati favorendone l’inserimento nelle scuole presenti negli ospedali della provincia;

3. consentire la deroga alla norma che prevede l’impossibilità di istituire rapporti di lavoro, a qualsiasi titolo, con personale collocato in quiescenza.

Molti dei medici che cessano per sopraggiunti limiti di età hanno rappresentato la disponibilità ad accettare rapporti libero professionali con l’Azienda per attività specialistiche ambulatoriali e/o di ricovero. Tale fattispecie si è positivamente realizzata durante il periodo COVID e diversi professionisti in quiescenza, infatti, nonostante le umane difficoltà e paure legate alla pandemia, hanno prestato la loro opera per la ASST Valtellina; il loro contributo si è rilevato fondamentale per continuare a garantire alcuni servizi essenziali;

4. applicare in questa provincia i contratti collettivi provinciali sanità delle Province Autonome di Trento e Bolzano

risultano essere indubbiamente più favorevoli di quelli nazionali. Si potrebbe concedere l’utilizzo degli stessi contratti che prevedono livelli retribuitivi e benefits o superiori a quelli attualmente previsti per i professionisti sanitari della Valtellina;

5. offrire l’alloggio gratuito per i primi tre anni al personale sanitario residente fuori dalla Valtellina anche attraverso strutture per il cd. “collegiamento”;

6. prevedere modalità di incremento dei periodi di anzianità contributiva per coloro i quali accettano di venire a lavorare per ASST Valtellina;

si potrebbe, ad esempio, valutare l’ipotesi di raddoppio dell’anzianità contributiva per i professionisti sanitari dipendenti di altre Aziende che accettano di venire in comando in questa provincia. Tale diritto verrebbe
riconosciuto per un massimo di tre anni e potrebbe essere concesso anche per i nuovi assunti (tale misura potrebbe essere complementare o alternativa a quella dell’alloggio);

7. creare borse di studio per studenti valtellinesi da destinare alla frequenza di corsi di studio in ambito sanitario (infermieri, tecnici sanitari, Operatori Socio Sanitari,…);

8. agevolare un colloquio tra il Comitato Provinciale Unione Nazionale Istituzioni e Iniziative di Assistenza Sociale (UNEBA) e i responsabili della Sanità locale per valutare possibili forme di collaborazione, quali, per esempio, l’assegnazione alle RSA di taluni operatori dell’azienda ospedaliera in comando o distacco temporaneo, senza andare a ledere l’operatività di quest’ultima.

Nota dalla Regione

Proprio in data odierna l’Assessore al Welfare nonché vice presidente della Regione Lombardia dottoressa Letizia Moratti, in merito a quanto aveva formato oggetto delle due prime note citate, ha inviato una lettera al Prefetto assicurando che tutte le proposte avanzate sono state dall’organo regionale apprezzate e analizzate. La Vicepresidente ha voluto soffermarsi in particolare sulle proposte attuabili nel breve termine, distinguendole da quelle, egualmente importanti, che però non sono immediatamente attuabili necessitando di iter e approvazione a livello centrale.

Nello specifico ha precisato che la Regione sta già procedendo sulla strada del potenziamento delle collaborazioni con le Università inserendo gli ospedali della Valtellina che rispettino i requisiti nella rete formativa delle varie scuole di specializzazione, al fine di integrare medici in formazione specialistica nell’organico degli ospedali e nel territorio della provincia.

Per quanto riguarda poi l’alloggio gratuito per il personale medico, tale iniziativa è già in atto per il personale della dirigenza medica della disciplina di anestesia e rianimazione e sarà proseguita anche con altri specialisti in accordo con i Comuni. Sono già in corso, prosegue la nota, convenzioni con il personale medico e infermieristico presso strutture di convitto a Sondalo, così com’è offerto alloggio a medici in formazione specialistica che stanno svolgendo una parte del loro tirocinio professionalizzante nel territorio. Quello che più appare necessario, attualmente, è la stipula di accordi con i vari enti locali nell’individuare alloggi convenzionati per il personale sanitario.

Per quanto infine attiene alle proposte di più lungo respiro, viene data notizia della presentazione in Parlamento del Disegno di legge n. 2372 per la modifica del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, avente ad oggetto “Attuazione della direttiva 93/16/CEE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CEE”, volto a permettere una maggiore fruibilità in formazione specialistica.

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