Una crono scalata da Bormio a Livigno

Il Panathlon Club di Sondrio propone una nuova tappa per il Giro d'Italia del 2025

La Valtellina è una terra vocata per il GIro d'Italia.

Il Panathlon Club di Sondrio propone una nuova tappa per il Giro d'Italia del 2025
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La “storia d’amore” tra Giro d’Italia e Valtellina con una nuova proposta per rendere ancora più avvincente questo legame al centro della conviviale di maggio del Panathlon Club di Sondrio, che lunedì 23 maggio si è ritrovato in Aprica – per la sua decima volta sede d’arrivo di tappa, cifra che consente alla località di avere il numero più alto in Lombardia – per celebrare il connubio tra la carovana rosa e la nostra terra, perché “la provincia di Sondrio – riprendendo le parole del Presidente Nicola Tomasi - ha scritto pagine importanti del Giro”.

La Valtellina una terra vocata per il Giro

E allora non si poteva non coinvolgere Gianni Torriani, figlio dell’unico vero patron della celebre corsa a tappe italiana, Vincenzo Torriani:

“Mio padre ha sempre considerato la Valtellina una terra vocata per il Giro – ha esordito – e sopratutto era molto legato all’Aprica, dove a volte soggiornavamo anche in vacanza.”

Da uomo lungimirante qual era, riuscì nel 1960 a inserire la prima salita al Gavia nonostante in molte la ritenessero una follia, “ma mio padre sapeva sempre rischiare a ragion veduta, perché a suo dire il mestiere di organizzatore non lo si impara, ma dovevi esserci nato”.

Nel 1990 invece fu la prima volta del Mortirolo, che per Torriani sarebbe stata una salita che in tante avrebbero ricordato, mentre la prima volta del mitico Passo Stelvio risale al 1948. Rimanendo in tema di numeri e statistica, la parola è passata a Gianni Menica3, panathleta lecchese ed esperto di statistica e collaboratore del Sole 24 ore, che ha snocciolato una serie di dati molto curiosi sulla storia del giro in Valtellina, perché “i numeri fanno la storia”.

Si è così scoperto che la provincia ha ospitato ben 37 arrivi di tappa – la prima fu a Sondrio nel 1939 – e che le località scelte come arrivi sono persino 12: davanti a noi soltanto Trento, Cuneo, Brescia e Bolzano. Nel 1965 e nel 1988 ben due prove si sono concluse in provincia, e nel primo caso è stata l’unica tappa che si è sviluppata interamente sul territorio valtellinese.

Ottimo segnale

Dai numeri si è passati invece a chi il ciclismo lo coltiva sul territorio con le parole di Paolo Pedrazzi, Presidente provinciale di Federciclismo che conta ben 890 tesserati, di cui 160 della categoria giovanissimi:

“Questo è un ottimo segnale – ha commentato Pedrazzi – perché in Valtellina i piccoli tendono a prediligere la mountain-bike, e a mio avviso vedere il Giro d’Italia è sicuramente un'ottima via per avvicinare sempre più ragazzini a questo mondo che non è solo sport e agonismo, ma anche turismo, storia, cultura e valorizzazione di un territorio.”

E chi invece il ciclismo lo ha vissuto da agonista sulla propria pelle è Raimondo Vairetti, già premio Panathlon nel 1987 e vincitore di una delle tappe in rosa proprio in Aprica nel 1991, insieme a Leonardo Sierra:

“Da corridore quando vai al Giro d’Italia non è il carosello che si vede in tv, ogni giorno devi pensare alle tappe che devi correre cercando di preservare le energie.”

E per quanto riguarda ha Valtellina ha aggiunto che “la bellezza del nostro territorio non ha nulla da invidiare al resto del mondo, tant’è che quando gareggiavo in Sudamerica gli atleti mi ritenevano fortunato perché avevo le ‘mitiche salite’”.

Quasi una religione

Dallo sport agonistico e a tratti anche “sofferto” si è invece passati a un altro modo di vivere le due ruote, l’ennesima riprova che il ciclismo non è solo uno sport:

“La bicicletta è il nostro pane quotidiano – ha esordito don Agostino Frasson, responsabile dell’opera don Guanella di Lecco impegnata nel recupero e nell'integrazione dei ragazzi attraverso le due ruote – tant’è che il nostro motto è “pane, signore e ciclismo”, ho fatto più catechesi in bici che in Chiesa, perché lo sport è qualcosa di estremamente educativo.” Alle sue parole hanno fato eco quelle del socio don Augusto Azzalini, che ha definito lo sport “una religione”.

Una “religione” che ha un peso non da poco a livello mediatico ed economico:

“Il giro viene visto da più di 21 milioni di persone solo per parlare di RAI – ha evidenziato il Presidente - mentre il costo di una tappa si aggira sui 300 mila euro: martedì tutta questa attenzione è stata rivolta alla ‘Wine Stage dello Sforzato’, in cui i nostri vigneti e il paesaggio valtellinese sono stati protagonisti, la Valtellina ha bisogno di essere rappresentata in questo modo.”

Proposta per il Giro 2025

 

Dato l’imminente impegno olimpico di Milano-Cortina 2026, in vista del quale si parlerà di giochi invernali e visibilità del territorio occorre far sì che anche il ciclismo possa far da vetrina. Come? Proprio sfruttando l’enorme eco generata dalla Corsa Rosa, il Panathlon Club di Sondrio propone l’inserimento di una tappa per il Giro 2025: una cronoscalata con partenza da Bormio e arrivo a Livigno, 36 km con circa 600 metri di dislivello. Unire le due località valtellinesi coinvolte dalle successive Olimpiadi significa puntare i riflettori, enfatizzando quelle che sono leve economico-turistiche ormai imprescindibili per tutta la provincia legate anche alla stagione estiva.

 

Nuovo socio

A margine della serata è stato inoltre dato il benvenuto a un nuovo socio del club, il dottor Domenico Claudio Ligari, ortopedico specializzato in medicina dello sport e per anni medico del Sondrio Calcio, appassionato di numerosi sport oltre che organizzatore dei Giochi Paralimpici per non udenti e Delegato provinciale del CIP, il Comitato Italiano Paralimpico.

“Il suo ingresso – ha commentato Tomasi – spalanca certamente le porte nei confronti di alcuni progetti che il Panathlon International ci chiede e per il quale ci siamo impegnati.”

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