Innovazione

Droni per la coltivazione dei vigneti: la sperimentazione va avanti con la Fondazione Fojanini

Progetto complesso e avveniristico che la Fondazione sta portando avanti, grazie al contributo del GAL locale sul PSR 2014-2020

Droni per la coltivazione dei vigneti: la sperimentazione va avanti con la Fondazione Fojanini
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Mercoledì 14 settembre si è tenuta presso la Fondazione Fojanini una prova dimostrativa sull’utilizzo dei droni per irrorazioni in vigneto. La prova, programmata a chiusura del progetto GAL, rientra nell’ambito di un progetto complesso e avveniristico che la Fondazione sta portando avanti, grazie al contributo del GAL locale sul PSR 2014-2020, in particolare sull’operazione 16.2.01 “Progetti pilota e sviluppo innovazione”, con due partner: la Cooperativa vitivinicola di Montagna che fa anche da ente capofila, e la Cooperativa di Albosaggia. Il progetto ha visto il coinvolgimento di AcesAir, società specializzata nei voli con drone, come azienda consulente che ha gestito la parte pratica dei voli.

Droni per la coltivazione dei vigneti

Il cuore del progetto, che vede anche altre applicazioni tecnologiche (utilizzo di trappole a controllo remoto per il monitoraggio degli insetti, un sistema “spry” innovativo per la confusione sessuale della tignoletta, un programma previsionale informatizzato per le malattie delle piante e un “biobed” per il trattamento delle acque residue dei trattamenti fitosanitari e il lavaggio dei macchinari), è proprio la valutazione del drone come mezzo per la distribuzione di prodotti in vigneto.

“Abbiamo voluto valutare l’applicabilità di questi aeromobili in vigneto perché la realtà viticola valtellinese vede una difficile applicabilità di mezzi meccanici convenzionali, stante la struttura a rittochino e la presenza di muretti, che impediscono il trasporto e il movimento dei mezzi”, sostiene Sonia Mancini, Presidente della Fondazione Fojanini di Studi Superiori. “Poter usare un drone per irrorare i vigneti sarebbe sicuramente un passo avanti nelle possibilità di sgravare il lavoro degli operatori, soprattutto l’esecuzione dei trattamenti fitosanitari alle piante, che attualmente assorbono una notevole manodopera, e sono anche molto faticosi e impattanti a livello di esposizione dell’operatore. Per questo motivo si è pensato di iniziare a organizzare delle prove in tal senso, visto che altre aree terrazzate a noi limitrofe (si pensi alla Svizzera), stanno già usando questi mezzi a livello operativo”.

“Il progetto in origine prevedeva la distribuzione di soli concimi fogliari e acqua, in quanto la normativa attualmente in vigore equipara i droni a mezzi aerei, e il trattamento fitosanitario con mezzi aerei in Italia è vietato”, continua Martino Salvetti del Servizio Difesa fitosanitaria della Fondazione. “In ogni caso anche con l’uso di concimi fogliari avremmo potuto valutare le caratteristiche del drone, e soprattutto l’efficacia in termini di bagnatura della parete fogliare, ma le prove sarebbero state poco significative in termini di valutazione dell’efficacia, e anche in confronto alle reali necessità della viticoltura”.

Poi in corso d’opera, una collaborazione con il Servizio fitosanitario di Regione Lombardia, a sua volta interessato a svolgere prove in tal senso, ha consentito di arrivare alla deroga da parte del Ministero della Sanità. “La collaborazione con i colleghi di Regione Lombardia è stata fondamentale e ha consentito di ottenere la deroga per l’uso sperimentale del drone, con distribuzione di prodotti fitosanitari veri e propri, che altrimenti in questa fase sarebbe stato impossibile”, conferma Sonia Mancini.

“Pertanto quest’anno, in coincidenza con la necessità di far volare il drone in vigneto (l’anno scorso le prove sono state fatte in aviosuperficie per la messa a punto dei parametri basilari), avendo ottenuto tala deroga, abbiamo svolto le prove con drone nelle sue piene potenzialità”.

“Le prove si sono svolte presso due vigneti, uno della Fondazione Fojanini, l’altro di competenza di uno dei due partner del progetto, e ha visto l’utilizzo di formulati chimici convenzionali in un vigneto a “Difesa integrata”, e rame e zolfo nel vigneto a “Difesa biologica” che è quello della Fondazione Fojanini dove si è svolta la prova dimostrativa”, aggiunge Graziano Murada, tecnico della Fondazione Fojanini e appassionato di applicazioni tecnologiche.

“Abbiamo deciso in accordo col Servizio Fitosanitario regionale, di testare entrambi i sistemi di difesa, per mettere il drone in tutte le possibili condizioni operative che potessero “stressare” il sistema, e anche perché attualmente c’è di fatto un crescente interesse nei confronti del biologico”, continua Sonia Mancini.

Programmi previsionali informatizzati

I trattamenti sono stati eseguiti in termini di tempistiche, in base alle indicazioni fornite dai DSS (programmi previsionali informatizzati), ai dati delle centraline meteo ecc., seguendo un sistema operativo che fosse confrontabile in termini di intervento, ai vigneti trattati in modo manuale. Le prove in entrambi i contesti hanno visto un confronto tra l’appezzamento trattato con drone (in Fojanini di circa 1100 m2), un appezzamento trattato con lancia manuale (per confronto), e una parte non trattata, per valutare il grado di attacco della malattia. Sono stati effettuati in tutto tra maggio e agosto, 7 interventi, usando nel vigneto Fojanini solo rame e zolfo. Uno degli aspetti più interessanti è che il volume di acqua utilizzata è stata circa 1/10 di quella distribuita con sistemi convenzionali (circa 12-14 litri su poco più di 1000 m2 in Fojanini), aspetto non indifferente se si considera anche la difficoltà a reperire acqua, in queste annate siccitose, in particolare il 2022. Il sistema prevede pilotaggio in automatico, che richiede ulteriori messe a punto ma consente di eseguire il volo in autonomia, con maggiore precisione, efficacia e risparmio di acqua.

Risultati sono confortanti

“Questo tipo di tecnologie richiede ulteriori necessità di messa a punto, ma le prove svolte quest’anno hanno evidenziato che la bagnatura è buona, e l’efficacia in termini di protezione del grappolo è del tutto paragonabile a quella della lancia a mano. Pertanto i risultati sono confortanti e giustificano ulteriori investimenti in tal senso. Per questo motivo si renderà necessario un altro anno di prove. Ovviamente è necessario predisporre il vigneto in modo che l’irrorazione dall’alto sia efficace, e questo significa operare con potature, cimature e sfogliature della parete fogliare che consentano al vigneto di essere ordinato”, puntualizza Salvetti.

Inoltre in previsione di un utilizzo effettivo, saranno necessari adeguamenti di etichetta dei principali formulati utilizzati, che attualmente non prevedono l’utilizzo con mezzo aereo.

Soddisfazione

I partner si dicono soddisfatti di questo progetto, che unisce aspetti avveniristici finora mai testati in Italia, ad elementi di sostenibilità ambientale.
Si dicono soddisfatti anche Roberto Ruttico e Alberto Marsetti, Presidenti rispettivamente della Cooperativa di Montagna e della Cooperativa di Albosaggia, per i quali il progetto va nella direzione di uno sgravio di fatica in vigneto, e una maggiore precisione di intervento, grazie a tecnologie finalmente applicabili anche in ambienti estremi come il vigneto valtellinese, che da sempre è di difficile meccanizzazione, se non con una forte trasformazione dell’assetto territoriale, quale la realizzazione di vigneti a girapoggio con orientazione est ovest.

Conclude Sonia Mancini:

”Grazie quindi al GAL che sta cofinanziando il progetto, e a Regione Lombardia, in particolare il Servizio fitosanitario, che ha consentito un significativo input garantendo il rilascio della deroga a fini sperimentali.

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