Tirano

Don Federico Pedrana racconta l’accoglienza famigliare ai poveri

In occasione della Giornata Mondiale lunedì 20 nel salone dell’oratorio.

Don Federico Pedrana racconta l’accoglienza famigliare ai poveri
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In occasione della Giornata Mondiale dei Poveri lunedì 20 nel salone dell’oratorio di Tirano incontro testimonianza con don Federico Pedrana. Don Federico ha raccontato la sua vita da prete nella quale dopo alcune esperienze in due parrocchie della diocesi (Tavernola e Rebbio) è entrato a far parte della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi che conobbe per la prima volta durante gli anni delle medie in un incontro a Sondrio. Dopo un’esperienza in una Casa Famiglia della Comunità a Crema si è trasferito in Romania. In seguito a malattia è rientrato in Diocesi e dopo le cure, pur desideroso di tornare in Romania, il vescovo Oscar riconoscendo questo suo particolare carisma, gli ha chiesto di aprire una Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII in Valchiavenna.

Marchesi

"Don Federico - ha detto Giovanni Marchesi - ha sottolineato di aver sentito il periodo della malattia come momento di grazia del Signore e come i poveri siano segno fecondo della misericordia del Padre. Raccontando poi come il mercoledì sera scenda a Milano o a Como accompagnato dai ragazzi della comunità per incontrare chi vive per strada, come pure il sabato sera incontri giovani a tarda notte all’uscita di bar o discoteche, spesso carichi di alcool o di sostanze per parlare con loro. In questi incontri c’è chi ci accoglie e chi ci manda a quel paese". A volte qualche incontro si conclude anche con una preghiera fatta con questi giovani «persi e sbandati» che apparentemente paiono lontani da Dio. Ha infatti sottolineato "la speciale apertura della fede dei poveri" richiamandosi al messaggio del Papa e proponendo il valore del pasto condiviso. Condivisione anche della sofferenza che ognuno si porta dentro. Anche se vivere in comunità ha le sue fatiche perché l’altro è altro da te, è a questo che come cristiani siamo chiamati perché "fondamentalmente siamo tutti uguali".

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