L'appello

Il racconto di una commessa

Lavora a Villa di Tirano.

Il racconto di una commessa
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La paura e il lavoro.

Il racconto di una commessa

Abbiamo raccolto la testimonianza di Margherita Dura, commessa in un ipermercato sulla statale a Villa di Tirano. La sua è la descrizione di una dura giornata di lavoro in tempi di coronavirus. I problemi che ogni giorno lei e i suoi colleghi, e come loro tanti altri che lavorano nei colossi della grande distribuzione così come nei piccoli negozi di paese, devono affrontare quotidianamente. Persone di cui spesso non ci accorgiamo, ma che forniscono un servizio essenziale, soprattutto in questo periodo. Perchè per loro non vale la regola che vale per tanti, "io resto a casa". Loro devono andare a lavorare per tenere aperti gli esercizi che forniscono generi considerati di prima necessità. E per continuare ad avere un posto.

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Il racconto

"Racconto - dice - una giornata di lavoro in un supermercato in questo delicato periodo. Dopo l’ennesima notte insonne, perché la testa continua a pensare e ripensare, ti svegli, ti prepari ed esci. Ti senti un po’ come una guerriera, pronta con armi e scudo ad affrontare la giornata. Arrivi al lavoro ed inizi a mettere nel marsupio i guanti, il taglierino, la penna e la Amuchina, che sono le tue armi. Poi passi allo scudo, quindi mascherina e occhiali. Entri in campo. Però è un campo diverso dal solito, silenzioso e taciturno. Vedi la tua seconda famiglia, i tuoi colleghi, diversi; sono stanchi, preoccupati e spenti e tu lo sei con loro. Il negozio apre e una massa di gente si butta dentro per un trapano, due magliette, tre pomodori e via dicendo... Sei infastidita, rispondi male a tutti, questo perché non ti senti rispettata né come commessa né come donna".

Lo sfogo

E ancora: "Nel mentre cerchi di concentrarti sulla respirazione, che con la mascherina diventa sempre più ingestibile. Passano ore, la bocca si asciuga, la faccia brucia, ti senti soffocare. Allora stacchi, vai negli spogliatoi, ti togli la mascherina, ti accasci addosso all’armadietto e respiri... per un attimo ti senti libera. Uscita dal negozio sei stremata, torni a casa e vorresti pensare al niente. Accendi la tv e parlano del virus, apri i social e parlano del virus, metti su un film e parlano di catastrofi. Il tuo corpo e la tua mente si allineano al periodo ed inizi a respirare affannosamente fino a che non arriva l’attacco di panico. Cerchi rifugio e tranquillità nell’abbraccio del tuo fidanzato e nelle videochiamate della tua famiglia e dei parenti che non vedi da settimane ormai". Questo sfogo "non lo faccio per farmi compatire o per farmi dire che sono un eroe, ma perché non siamo rispettati. Perché purtroppo la gente pensa solo a se stessa. Io non voglio una medaglia di riconoscimento, sto solo facendo il mio lavoro con il rischio di finire in un ospedale. Io o qualche mio parente. Quindi chiedo, e pretendo, solo umanità e rispetto".

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