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“Fabrizio ha sconfitto il Covid”: il messaggio legato a un palloncino fa 250 km

Nella scuola ogni volta che un alunno o un insegnante sconfigge il virus viene lanciato un palloncino.

“Fabrizio ha sconfitto il Covid”: il messaggio legato a un palloncino fa 250 km
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“Fabrizio ha sconfitto il Covid”: il messaggio legato a un palloncino  ha viaggiato per 250 km dopo essere partito da una scuola di Bosisio Parini, in Provincia di Lecco, e arrivato in Liguria dove è stato trovato da una famiglia di Camogli.

“Fabrizio ha sconfitto il Covid”: da Bosisio alla Liguria

“Domenica 23 novembre ci è capitato un episodio molto particolare – ha spiegato ai colleghi di primalilevante.it la famiglia Simonetti (nella foto qui sopra Enrico, Rossella e Alessandro Simonetti) che dopo l’insolita scoperta ha contattato sia la redazione che il “mittente” -. Abbiamo rinvenuto nel nostro giardino appeso ad un ramo di un abete un palloncino arancione con un foglietto legato recante la scritta “Fabrizio ha sconfitto il covid”. Il palloncino è stato lanciato da un istituto scolastico in provincia di Lecco. Abbiamo contattato la scuola e la dirigente ci ha risposto che il palloncino era stato lanciato da lei per la guarigione dal Covid di un loro insegnante. Ci ha sorpreso il fatto che il palloncino sia arrivato fino a Camogli, poteva finire in mare o nei boschi e nessuno lo avrebbe ritrovato”.LEGGI ANCHE: Coronavirus mutato: migliaia di visoni abbatutti VIDEO SHOCK

La scuola che lancia palloncini quando qualcuno guarisce dal Covid

“Da quando è iniziata questa seconda ondata abbiamo preso l’abitudine di lanciare nell’etere, per ogni nostro alunno o dipendente guarito o negativizzatosi dopo essere risultato positivo al Covid, un palloncino colorato in segno di speranza e rinascita”, spiega la dirigente dell’Istituto Comprensivo Bosisio Parini, Orsola Moro.

“Aver saputo che una famiglia di Camogli ha ricevuto il palloncino da noi lanciato lunedì 16 novembre è stata per noi una sorpresa: ne ha fatta di strada questo palloncino! Ben 250 km! Siamo contenti che i messaggi positivi e la volontà di sconfiggere l’epidemia vadano oltre qualsiasi confine e barriera naturale. Alla gentilissima famiglia di Camogli i nostri ringraziamenti per averci dato questo bellissimo riscontro”.

L’ha mandato un insegnante guarito dal coronavirus

Fabrizio Inturri, 53 anni, è un insegnante di religione cattolica che insegna appunto all’Istituto Comprensivo di Bosisio Parini ed è residente a Merone.

“II 14 ottobre avevo le articolazioni doloranti, mal di ossa e poca febbre. La mia dottoressa per precauzione mi ha fatto fare il tampone essendo ogni giorno a contatto con bambini, e l’esito è stato positivo: dal punto di vista fisico il mio corpo ha retto, ma sono dovuto stare in casa per trenta giorni, chiuso in una stanza e separato da mia moglie Beatriz, 38 anni, e da mia figlia Valeria, 8 anni. Anche loro ovviamente non sono potute uscire dall’abitazione. Mi è sembrato un tempo infinito, ma la fede mi ha aiutato molto”.

Guarito dal Covid: una storia toccante di fede e di amore

Fabrizio racconta che una quindicina di anni fa era ad un passo dal farsi monaco, ma poi il suo percorso ha preso un’altra piega: “Dentro alla mia stanza, chiuso per trenta giorni perché continuavo a risultare positivo – purtroppo può succedere – da un lato a tratti mi sentivo soffocare, dall’altro invece cercavo la mia serenità e meditavo, mi sembrava di ritornare alla cella del mio convento, quando pregavo: ecco, questi giorni così interminabili li ho vissuti come un momento di fede intensa. Vedo e leggo tante storie di persone disperate e tristi: a me ha aiutato la fede, ad altri la musica, ognuno si affida a qualcosa o Qualcuno. E’ stata una grande gioia poter riaprire la porta della mia stanza e riabbracciare finalmente mia figlia e mia moglie”.

Così come è stata una grande sorpresa da parte della famiglia Inturri sapere che il palloncino fosse arrivato sino Camogli: “Alla Liguria sono legato da un filo sottile – racconta Fabrizio – sono nato a Genova e lì ho abitato sino a quando avevo 6 anni perché mio padre lavorava nelle Ferrovie, anche se le mie origini sono siciliane. Tra l’altro, a mamma e famiglia ho riferito delle mie condizioni solo una volta guarito, non li volevo fare preoccupare. Comunque tutti questi segni, il palloncino ritrovato da una famiglia come può essere la mia, i lunghi chilometri che ha percorso e il messaggio arrivato così lontano, li vedo tutti come un segno: gli incontri della fede non hanno né spazio né tempo. Sono convinto che nulla accada per caso: guardate cosa è uscito fuori da un semplice e piccolo palloncino in cielo”.

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