da whuan al vaccino

Covid un anno dopo: anche in Valtellina tutto cominciò il 21 febbraio 2020, ripercorriamo le tappe

Oggi data simbolo della pandemia.

Covid un anno dopo: anche in Valtellina tutto cominciò il 21 febbraio 2020, ripercorriamo le tappe
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E’ passato un anno: era il 21 febbraio 2020, un venerdì, quando l’Italia piombava nell’incubo coronavirus. Pochi giorni prima, il 18 febbraio 2020, Mattia Maestri – il “paziente 1”  si era recato al Pronto Soccorso di Codogno, in provincia di Lodi, lamentando un’influenza che non passava. Poche ore dopo in quell’ospedale ci sarebbe rientrato con una polmonite gravissima e ormai degenerata. Poi l’intuizione di Annalisa Malaraanestesista cremonese che andando oltre i protocolli ha disposto un tampone e identificato il primo caso conclamato di Covid-19 nazionale: da quel momento per l’Italia è cambiato tutto.

E’ il 21 febbraio 2020 quando l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera dà la notizia di un 38enne positivo al Covid-19 ricoverato a Codogno. Nel corso della giornata saliranno a 15 i contagiati in Lombardia. Sempre nel medesimo giorno si scopre un altro focolaio del virus, a Vo’ Euganeo (Padova). In Veneto c’è anche il primo morto per Covid, un 78enne in ospedale a Padova, primo di una strage ancora in corso. Scatta il blocco totale nel Lodigiano e nel Padovano: è il primo atto di un’emergenza dalla quale ancora non siamo riusciti a uscire.

21 febbraio 2020: data simbolo di un anno di Covid

Inizialmente si è sperato si trattasse di una bolla che avremmo potuto contenere quando il 30 gennaio 2020, allo Spallanzani di Roma, due turisti di nazionalità cinese sono stati ricoverati perché affetti da Sars-Cov-2. Provenivano da Whuan, centro dell’epidemia che fino a quel giorno il resto del mondo aveva osservato solo in tv.

Nemmeno un mese dopo, nel Lodigiano, si facevano i conti con il primo caso di un italiano contagiato: un trentottenne sportivo e in buona salute, le cui condizioni sono peggiorate nel giro di poche ore. L’uomo aveva contagiato anche la moglie incinta e un amico. 

Il 21 febbraio 2020 cambia tutto: non soltanto Mattia, a Codogno, lotta in rianimazione contro il nuovo coronavirus; Adriano Trevisan a Padova, 78 anni, è il primo italiano ad essere ufficialmente stroncato da Covid-19. C’è inoltre la certezza di diverse persone contagiate in entrambe le regioni. Da quel momento la parola d’ordine diventa “contenimento”.

Regione Lombardia dispone l’isolamento immediato di 10 paesi del Lodigiano, poi arriva, in giornata, anche l’ordinanza firmata dal ministro della Salute Roberto Speranza e dal presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana: è qui che si comincia a parlare di “zona rossa” e di lockdown “da contenimento” per Codogno, Castiglione d’Adda, Casale, San Fiorano, Bertonico, Fombio, Terranova dei Passerini, Somaglia, Maleo e Castelgerundo. Poco dopo si accoda anche Vò Euganeo, in provincia di Padova.

La situazione si fa progressivamente sempre più seria in Lombardia e in diverse province soprattutto limitrofe, fino a che il Governo si trova costretto a estendere la cosiddetta zona rossa. E’ sabato 7 marzo 2020, quando vengono annunciate le misure urgenti di contenimento del contagio che riguardano tutta la Lombardia, in Emilia le provincie di Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia e Rimini; nelle Marche la provincia di Pesaro e Urbino; in Veneto le province di Venezia, Padova e Treviso; infine in Piemonte le province di Asti, Alessandria, Novara e VCO.

Primo caso in Valtellina

Venerdì 21 febraio 2021 rientrò in Valtellina anche il primo paziente risultato poi positivo nella nostra Provincia. Si tratta del 17enne che tornava da Codogno dove frequentava la scuola di Agraria. Una volta giunto a casa in Valdidentro, presentando alcuni sintomi, i genitori decisero di misurargli la febbre: aveva 38,3 gradi. Domenica 23 febbraio venne trasportato all'Ospedale di Lecco e ricoverato fino alla sua guarigione. Il giovane superò la malattia ma in un anno in Valtellina e Valchiavenna sono stati 469 i decessi tra i pazienti positivi al covid-19, a fronte di 10899 contagiati e 9371 guariti.

Il lockdown nazionale

Mercoledì 11 marzo 2020 scatta il primo lockdown nazionale. Arriva la firma del primo Decreto che fa elevare l’allerta coronavirus, è il cosiddetto “Io resto a casa”, che, come annuncia il premier Giuseppe Conte, in pratica rende tutta l’Italia “Zona protetta”. Viene diffuso anche il primo modulo per l’autocertificazione durante gli spostamenti, seguito poi da un secondo con l’obbligo di dichiarare le proprie condizioni di salute). Gli italiani possono mettere piede fuori dalle proprie abitazioni solo per reali necessità, le strade sono deserte, gli ospedali pieni: il Paese è fermo. Tragici i focolai bergamaschi, che mietono un numero talmente alto di vittime da necessitare l’intervento dell’esercito per portare via le salme. Immagini che diventano orrendo simbolo di una provincia piegata dalla pandemia.

Il National Geographic sceglie – fra le 54 immagini più rappresentative del 2020 a livello mondiale – quella di un sacerdote novarese che benedice le bare in arrivo da Bergamo, uno dei primi centri dell’epidemia di Covid in Italia.

E mentre il Paese è attonito, paralizzato anche economicamente, ecco che trova spazio una nuova categoria di persone: i negazionisti e i “bufalari” del virus (quelli, a distanza di un anno, ce li abbiamo ancora intatti).

Fine del lockdown e false speranze

Il 4 maggio 2020, dopo quasi due mesi di blocco e chiusura per tutta Italia, le misure stringenti per evitare il contagio da Covid-19 si allentano un po’: sarà possibile andare a trovare i propri congiunti, diverse attività lavorative riprenderanno e sarà consentita una maggiore mobilità. Si torna pian piano a una vita seminormale anche grazie alla stagione calda, che non piace notoriamente al virus. Ed ecco che un altro fenomeno sociologico appena abbozzato esplode in tutta la sua tragicomica violenza: la guerra fra virologi. Il dottor Alberto Zangrillo, primario del San Raffaele, oltre che medico personale di Silvio Berlusconi, dopo aver definito il virus “clinicamente morto” è arrivato a guadagnarsi un’imitazione di Crozza.

Il Paese si spacca tra la frangia di coloro che vogliono andare in vacanza e credere sia tutto finito a tarallucci e vino e i prudenti. La Sardegna, presa di mira come ogni estate, diventa (in piccolo) una nuova Codogno, fra celebri contagiati come Silvio Berlusconi e Flavio Briatore.

Inizia la fase di convivenza con il virus

settembre 2020 si riparte pieni di speranze e con qualche perplessità (sempre e solo da parte dei prudenti). A ottobre già si torna a fare i conti con la dura realtà: il virus non era scomparso e torna “a mordere”, sempre per citare Crozza. A novembre arrivano le “zone a colori”: rosso, arancio e giallo – con restrizioni differenti – a seconda della situazione delle singole Regioni e dell’evolversi dei dati. A Natale si chiede di evitare tavolate e assembramenti, rimanendo solo con i conviventi. I morti e i contagi proseguono, ma diventano quasi una tremenda normalità, alla quale si cerca di affiancare un nuovo modo di vivere, o sopravvivere, in attesa di tempi migliori.

Il vaccino

Dopo l’approvazione del vaccino Pfizer BioNTech arrivata il 21 dicembre 2020, l’Aifa dà il suo ok anche per il siero della statunitense Moderna a gennaio 2021Abbiamo il vaccino anti Covid. Iniziamo a fare i conti, però con i problemi logistici: poche dosi e modalità di somministrazione. Ogni Regione cerca di trovare la quadra: qualcuna ci riesce decisamente meglio di altre.

Dopo aver vaccinato i sanitari si parte con gli over 80Anche qui ognuno con le proprie regole. I tempi? Difficili da definire, troppe incognite, fra cui quante dosi di vaccino avremo a disposizione.
Come se non bastasse le varianti di Covid-19 hanno iniziato a circolare nel nostro Paese e in Lombardia, di nuovo nel mese di febbraio, esattamente come un anno fa, troviamo dei Comuni blindati “in rosso”, per arginare il fenomeno.

Nel frattempo è caduto il Governo e abbiamo un nuovo premier. Il virus, invece, è ancora lì, ben saldo al comando, almeno per ora.

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