A Gordona prodotte mascherine made in Italy
Alberto Pedretti, CEO di AMT, spiega genesi e sviluppo di questo prodotto del territorio.
A Gordona, in Provincia di Sondrio, vengono prodotte mascherine chirurgiche a livello industriale. Si tratta di un bell’esempio di professionalità e competenza, per un’azienda del nostro territorio che durante il lockdown della scorsa primavera si è rimboccata le maniche ampliando la propria produzione. Stiamo parlando di AMT (acronimo di Advance Medical Technology), realtà facente capo al Gruppo Clinica San Martino e impegnata dal 2012 nella protesica biomedicale.
«Essendo un gruppo ospedaliero privato le mascherine chirurgiche servivano a noi in primis, per dipendenti e pazienti - ha spiegato Alberto Pedretti, CEO di AMT, così abbiamo deciso di lanciarci nella loro produzione».
Come si è sviluppata l’idea?
«La tecnologia necessaria era praticamente sconosciuta in Europa; nonostante possa sembrare un prodotto semplice richiede una produzione molto complicata, fino ad allora effettuata quasi esclusivamente in Asia. Così abbiamo importato dalla Cina la macchina necessaria per la realizzazione delle mascherine, arrivata a Gordona verso metà aprile 2020. Dopo un paio di settimane abbiamo dato il via alla produzione, iniziando a lavorare giorno e notte. Prima della pandemia AMT contava 5 persone a regime, mentre oggi abbiamo raddoppiato la presenza sul territorio, arrivando ad una decina di addetti in situazione routinaria. Nei momenti critici di fortissima richiesta del mercato abbiamo toccato picchi di 25 operatori impegnati».
Di che tipo di mascherina stiamo parlando?
«Sin dalle prime battute avevamo le idee chiare, cercavano un prodotto sostenibile per noi, adatto all’uso intraospedaliero, di alta qualità e che costasse praticamente quanto venivano pagate prima. Da qui anche l’esigenza di costruire un prodotto industrializzato. Ed eccoci alla mascherina, chiamata Monouso Italiano: parliamo di chirurgiche monouso con elastici auricolari tipo IIR certificate CE. Sono costituite da tre strati di tessuto non tessuto SMS saldati a ultrasuoni che le rendono superiori alle comuni mascherine chirurgiche, tanto che le le caratteristiche filtranti sono paragonabili a quelle di una FFP1».
E la filiera oggi è tutta italiana, giusto?
«Sì, l’intera filiera è rigorosamente italiana, sia gli strumenti che le persone che ci lavorano; inoltre il tessuto proviene da un’azienda piemontese, l’elastico da una realtà toscana. Abbiamo sostituito la macchina cinese con un’altra più efficiente costruita da un’azienda di Como convertitasi in questo settore. E oggi riusciamo a produrre 2 milioni di pezzi al mese, l’obiettivo che ci eravamo prefissati in origine: con orgoglio dico che non è stato facile, in tanti ci hanno provato, ma noi siamo riusciti a farcela. A tal proposito va ricordato che AMT è stata una delle pochissime aziende in Lombardia che è riuscita ad ottenere dalla regione il contributo a fondo perduto per la produzione di dispositivi e attrezzature della filiera biomedicale (per ampliamento o riconversione delle unità produttive)».
La distribuzione avviene in tutta la nostra penisola?
«Attualmente Monouso Italiano è commercializzata su tutto il territorio nazionale, sia con la GDO che con i distributori farmaceutici, ma anche direttamente con imprese del territorio, così come è stata istituita una convenzione con l’Unione Artigiani di Sondrio e Provincia per aprire alla vendita di mascherine in quantità limitate (da mille a 5mila pezzi). Siamo inoltre presenti sul portale Amazon per la vendita diretta del nostro prodotto. Il futuro a breve termine ci vede impegnati nella distribuzione della mascherina al di fuori del territorio italiano con uno sguardo verso l’Europa».