Caccia agli ungulati, la gestione è obsoleta
Il Tiranese finisce sempre più sotto accusa.
La caccia a Tirano, un cancro incurabile, che fummo i primi a sollevare ormai anni fa, e che non guarirà mai. Il Comprensorio alpino della zona è uno dei pochi in Valtellina in cui ancora non si pratica la caccia agli ungulati con capo assegnato, e questo porta ogni anno a veri e propri assalti agli animali che il piano di abbattimento prevede di prelevare, in cui vince la legge del più veloce e praticamente la tipologia di prelievo si discosta molto dal piano di abbattimento, con buona pace della corretta gestione e dell’etica venatoria. Ma tant’è, il Comitato tiranese, o per lo meno il suo vertice, non è mai cambiato e da ormai decenni non vuole cambiare.
Decine di ungulatisti hanno smesso di andare a caccia per colpa di questa anacronistica gestione e probabilmente molti altri faranno la stessa identica cosa.
Non è certo un dramma, ma un peccato sì. In questo contesto intricatissimo si batte da anni l’Associazione cacciatori valtellinesi, che a differenza delle altre vuole portare avanti il capo assegnato almeno per quanto riguarda, inizialmente, i capi da trofeo, nei settori dove questo tipo di caccia è possibile.
Il concetto è emerso giovedì sera nel corso dell’assemblea dell’Associazione a Bianzone, tenuta da Alan Delle Coste (padrone di casa e rappresentante Cm in Comitato), Amerino Pirola e Mathias Negri, i tre membri - di minoranza - in seno al Comitato, per il gruppo. Purtroppo la sensazione più grande che è emersa è quella dell’assoluta impotenza di fronte a una maggioranza che vuole mantenere lo status quo.
Cinghiali
Ferma la posizione sull’apertura alla caccia al cinghiale aperta anche ai cacciatori di fuori provincia per 365 giorni l’anno, una contrarietà totale a fronte del provvedimento della Regione Lombardia che "punta a estendere le possibilità di abbattimento, sia in forma di controllo faunistico che di attività venatoria, al fine sia di conseguire i target previsti dagli atti del Commissario straordinario alla PSA, sia per ridurre il più possibile la presenza della specie, diminuire e arginare la diffusione del virus a tutela delle attività zootecniche suinicole"
. Peccato che questo provvedimento consentirebbe a circa 500 cacciatori di fuori provincia di venire a caccia in Valtellina... Il Comitato tiranese aveva preso delle decisioni favorevoli in merito a questo delicatissimo argomento, ma una presa di posizione dell’Associazione cacciatori in Provincia (dove aveva fatto pervenire la sua proposta di contingentare l’abbattimento all’interno della attività venatoria) ha messo in luce una scelta che non era stata condivisa con i cacciatori ed era partita solo dal direttivo. Altra idea espressa da Negri a nome dell’Associazione per avvicinarsi anche solo a piccoli passi all’agognato capo assegnato è quella dell’obbligo della formazione delle squadre, alle quali poi ogni anno vengono assegnati ciclicamente dei capi specifici.
Ovviamente si tratta di proposte che finiranno nel tritacarne dell’assemblea del Comitato, aperta a tutti i cacciatori, in cui il direttivo le rigetterà come sempre al mittente, continuando a favorire un metodo che praticamente non viene più applicato da nessuna parte. Ma che indubbiamente favorisce qualche vecchio e consolidato sistema. Altrimenti non si spiegherebbe la paura di vedere assegnato ad ogni cacciatore un solo animale, con la possibilità di cercarlo e cacciarlo per tutta la durata della stagione e senza l’assalto fantozziano della prima giornata. Ma ormai abbiamo reso le armi, la situazione non cambierà, a discapito non solo dei cacciatori, ma soprattutto dei selvatici, abbattuti sempre in numero e modo eccessivo.