Grosotto

Corti Aperte all’insegna del monologo L’orso

Applaudita performance di Maurizio Pini sul sagrato del Santuario della Beata Vergine delle Grazie.

Corti Aperte all’insegna del monologo L’orso
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Una sera d’estate sospesa tra arte sacra e teatro contemporaneo ha incantato il pubblico riunito sul sagrato del Santuario della Beata Vergine delle Grazie. Nell’ambito della rassegna Corti Aperte 2025, promossa dalla Pro loco di Grosotto, è andato in scena "L’orso - Monologo a due", scritto e interpretato da Maurizio Cristoforo Pini, con l’intenso accompagnamento alla chitarra elettrica di Ugo Mazza. L’evento è stato organizzato dalla Fabbriceria del Santuario insieme ai Confratelli della Beata Vergine delle Grazie. Prima della pièce, il maestro Pini ha voluto visitare il Santuario, immergendosi nel silenzio e nella bellezza dello spazio sacro. La sua attenzione è stata catturata in particolare dalla monumentale Ancona lignea di Pietro Ramus 1682 recentemente restaurata. La suggestiva visione di questa opera - punto focale dell’edificio religioso - ha ispirato l’autore, creando un legame sottile tra l’ambiente e la narrazione teatrale che avrebbe preso forma poco dopo, sul sagrato. L’atmosfera lirica e quasi surreale che si respirava all’interno del Santuario ha contribuito a definire il tono emotivo dello spettacolo, sostenendo con leggerezza e profondità il viaggio simbolico del protagonista. Il Santuario ospita da secoli importanti opere di arte sacra, come la Sacra Famiglia di Marcello Venusti 1530, la Vergine col Bambino di Giacomo del Maino 1490 raccontano la devozione e l’identità spirituale della comunità grosottina.

Teatro

Alle 21.00, nel cuore del crepuscolo, con le ultime luci che sfioravano il profilo delle montagne e accarezzavano la pietra del sagrato, è cominciato il viaggio teatrale di L’orso - Monologo a due. Un’opera intensa e simbolica, dove la voce di Pini ha condotto gli spettatori in un dialogo sospeso tra l’umano e l’animale, il razionale e l’istintivo, la soglia tra il sacro e il selvaggio. L’orso - figura ancestrale e ambivalente - si è fatto metafora di un confronto interiore, di una trasformazione possibile. A rendere ancora più profonda l’esperienza, le sonorità viscerali della chitarra elettrica di Ugo Mazza, che hanno saputo amplificare ogni parola, ogni pausa, ogni tensione emotiva del racconto. Con ingresso libero e grande partecipazione di pubblico, la serata si è confermata uno degli appuntamenti più suggestivi della kermesse Corti Aperte, che continua a dimostrare come i piccoli borghi possano farsi palcoscenico d’eccellenza per proposte culturali autentiche e coinvolgenti. In caso di maltempo, lo spettacolo si sarebbe tenuto nelle suggestive Volte del Rettore, ma la clemenza del cielo ha permesso di vivere appieno questa esperienza sotto le stelle valtellinesi.