Valfurva

La magia del Casati finisce in un libro

"40 anni fra roccia e ghiaccio" è il racconto del gestore Renato Alberti, scritto da Andrea Palomba.

La magia del Casati finisce in un libro
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"40 anni fra roccia e ghiaccio". La storia del rifugio Casati a 3269 metri di quota in Valfurva, ai piedi del ghiacciaio Cevedale, nel Parco Nazionale dello Stelvio, sul confine con la provincia autonoma di Bolzano, diventa un libro nel racconto del gestore Renato Alberti, la moglie Laura, il figlio Stefano, scritto da Andrea Palomba, frequentatore dei luoghi. Costruito nel 1923 in memoria di Gianni Casati, ufficiale dell’esercito caduto a Gorizia nel 1916, sorge sulla linea bellica della Grande Guerra. Modificato nel 1927, fu affiancato nel 1934 dal rifugio Alessandro Guasti. Il primo gestore fu Giovanni Battista Tuana di Bormio; negli anni ‘50 aprì la scuola di sci estiva Cevedale dei fratelli olimpionici Severino, Aristide, Ottavio Compagnoni; nel ’60, lo skilift. Nel 1960 l’ampliamento.

La storia

Nel libro emerge la problematica dell’approvvigionamento idrico in primavera, quando occorre organizzarsi per aprire; le buche nella neve cui collegare tubature, la ricerca continua di sorgenti. Alberti all’epoca era un coraggioso ventisettenne; la sua famiglia è mossa da passione, il padre Ugo, i fratelli Guido e Davide. Di rilievo la figura della moglie Laura Bellotti, originaria della Brianza, che Renato 39 anni fa tirò fuori da un crepaccio in cui era caduta durante una gita sul Cevedale. L’alta quota ha bisogno di rifugi che tramandino la storia del territorio; per il Casati, si prospetta un futuro di simbolo della storia alpinistica lombarda.

Commenti

Così Ugo Parolo, presidente di Intergruppo parlamentare per la montagna. "Abbiamo dato vita a questo libro con l’intenzione di avviare un percorso che possa trasformare il vecchio stabile in un rifugio modello, poco inquinante e performante dal punto di vista ambientale. Regione ha investito quasi 4 milioni di euro, perché il Casati ha un’importanza strategica, anche nazionale; occorre farlo diventare un bene pubblico; siamo convinti si possa fare in tempi brevi, una volta superata la burocrazia. La storia di Alberti è un esempio per tutti i giovani". Così Marco Confortola, testimonial di Rifugi Lombardia. "E’ uno dei più arditi e difficili da gestire, è magia pura; i rifugisti sono tra i custodi della montagna; purtroppo lo scioglimento del ghiacciaio sta portando un mancamento del basamento, negli anni ci sarà un crollo; l’intervento va fatto e alla svelta".

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