Occhi rievoca la storia di Pietro Pedranzini per il bicentenario della strada dello Stelvio
Ha adattato, con Michele Giuriola per l’aspetto drammaturgico, le memorie di un atto eroico.

Giacomo Occhi, 34 anni, radici bormine, attore comico-poetico cui piace raccontare la realtà con profonda leggerezza, si è impegnato in una veste storica, seria, componendo un testo teatrale, chiesto dal Comune, (l’assessore Paola Romerio Bonazzi) per il bicentenario della strada dello Stelvio. Su proposta di papà Raffaele, storico, ha adattato, con Michele Giuriola per l’aspetto drammaturgico, le memorie, scritte in linguaggio desueto, di Pietro Pedranzini, nato proprio il 9 ottobre 1826 quando la strada fu inaugurata. Pedranzini, segretario comunale, luogotenente della Guardia Nazionale (medaglia d’oro al valor militare) volle porre fine alle violenze che la cittadina subiva dalle truppe austriache, con il quartier generale al Passo Stelvio, confine con l’Italia.
Storia
L’11 luglio 1866, solo, scala Cima Reit per un passaggio che da allora prenderà il suo nome, scende dai ghiaioni di Glandadura vicino alla Cantoniera; suonando il corno, sparando col fucile ad avancarica e facendo rotolare sassi che sollevano un polverone, impaurisce i 65 austriaci, intima loro la resa, ad uno ad uno fa deporre le armi ed, incolonnati e prigionieri, li riporta a Bormio, da allora non più molestata. Occhi: "Dagli avvenimenti trapela l’umanità dei soldati di fazioni diverse, separati da un piccolo confine, con l’idea di non farsi guerra tra fratelli". "Pedranzini - ricorda il nipote Giulio - non voleva ricevere onori. Aveva fatto il suo dovere e poteva riportare quell’atto di eroismo nel Municipio: il suo patriottismo era dedicarsi all’opera comune, che oggi è un bellissimo messaggio".