Una statua ricorderà le vittime della valanga
71 anni fa il distacco della neve lungo un canalone colpì la zona di Saroch, causando la morte di sette persone.
Il 21 gennaio per la comunità di Livigno e Trepalle è un triste anniversario. 71 anni fa, infatti, una valanga scese lungo il canalone colpendo la zona di Saroch, causando la morte di sette persone, tutte donne, che abitavano nelle baite sul crinale della montagna, interessata dal grande evento calamitoso, da cui si staccò la gigantesca massa nevosa, e dove ora, sono stati posizionati funzionali paravalanghe, allora inesistenti. Si chiamavano Letizia Cusini, mamma di Emma e Pierina, e Giacomina Cusini con le figlie Augusta e Gelsomina e Cristina Bormolini; erano sulla strada che le conduceva a casa mentre gli uomini erano fuori, lontano, a spalare la neve scesa con le due valanghe precedenti, che avevano distrutto stalle e fienili in altri punti del luogo. Il primo cittadino di allora, Francesco Longa, aveva mandato una comunicazione alla Rai, Radio Televisione Italiana, per dire cosa fosse successo. Le straordinarie nevicate di quell’anno causarono numerose valanghe in tutto l’arco alpino, e la morte di 249 persone. Sono passati 70 inverni, ma la memoria di quei tragici giorni rimane viva. Il nome Livigno deriva probabilmente dal tardo latino labineus, ovvero luogo di valanghe. Nei giorni successivi alla tragedia, il paese fu completamente isolato dal resto del mondo; un minuscolo aereo svizzero però volò sopra le case per vedere se gli abitanti avessero bisogno di soccorsi o viveri; e dal novembre 1952 fu garantita l’apertura del passo del Foscagno, i tempi stavano per cambiare.
Cerimonia
Esattamente nella località Doss, dove avvenne la tragedia, il parroco don Gianluca Dei Cas, accompagnato dall’assessore Cristina Rupani con indosso la fascia tricolore, sposata al nivologo Fabiano Monti, ha celebrato la santa messa, in presenza di una sessantina di persone, parenti delle vittime. E’ forse stata l’ultima messa senza il monumento, realizzato da Edy Romani del Museo Mineralogico Naturalistico di Bormio, commissionato dai parenti delle donne, una settantina, già in occasione della celebrazione del cinquantesimo anniversario, ma che dopo 21 anni attende ancora una posa. Ora c’è stata la presa in carico da parte del Comune e del Mus, il museo, anche per la manutenzione a seguire dell’imponente manufatto, in marmo bianco, praticamente una torcia di neve a simboleggiare la valanga che tutto copre. Per la realizzazione del basamento, invece, avevano dato parola gli Alpini, ma le morti di Giuseppe Bormolini e del presidente Narciso Zini, hanno di fatto fermato nel tempo il proseguimento dell’opera e impedito che la pratica andasse avanti. Così il sindaco Remo Galli. "Stiamo vedendo in questi giorni con il Mus quale possa essere la formula da adottare, perché è doveroso ricordare quella che è stata la più grande tragedia patita dal nostro paese".