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Impianti da sci chiusi, sale la rabbia: "La montagna merita rispetto"

Molte le voci di protesta che si alzano dopo la decisione del Ministro Speranza.

Impianti da sci chiusi, sale la rabbia: "La montagna merita rispetto"
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"La montagna merita rispetto, non si può trattare a pesci in faccia in un momento così difficile da un punto di vista sanitario e economico tutto gli imprenditori della neve ( impiantisti, maestri di sci, albergatori etc) Lo stato pretende correttezza dai propri cittadini ma l’ordinanza di chiusura del ministro speranza arrivata 12 h prima della riapertura degli impianti è qualcosa che di metodo non va bene, è una mancanza di rispetto per la nostra gente. Una bruttissima pagina per il nostro paese. La nostra gente si risolleverà ma non merita di essere presa in giro". Così Remo Galli, vice presidente della comunità montana Alta Valtellina, commenta la decisione del Ministero della Salute che ha prorogato l'apertura degli impianti al 5 marzo 2021.

 

Da Livigno

Il commento di Luca Moretti, Presidente dell'ATP di Livigno.

Protestano i sindacati

Come “un fulmine a ciel sereno” è intervenuta la decisione ministeriale di mantenere la chiusura degli impianti sciistici fino al prossimo 5 marzo. Una decisione presa a poche ore dall'apertura degli impianti, cioè, quando tutto era stato definito riguardo ai protocolli di sicurezza da attivare e alle operazioni tecniche di predisposizione delle strutture (manutenzione, preparazione piste ecc…) e che, come è evidente, riverbera ulteriori effetti deleteri sul comparto turistico della nostra provincia. - Scrive in una nota stampa diffusa oggi Michel Fedele, Coordinatore FIT CISL Sondrio, Certo, lascia sconcertati il fatto che la decisione sia stata presa repentinamente ed in base a dati epidemiologici già conosciuti da tempo, con effetti negativi per i gestori degli impianti e i loro dipendenti, oltre che per tutto l'indotto dell'accoglienza turistica: albergatori, ristoratori, commercianti, maestri di sci, che si sono adoperati in questi giorni con rilevanti sacrifici economici per poter riaprire, sperando, quanto meno, di limitare i danni di una stagione “disgraziata” e che, oggi, devono sperare nei ristori.

Inoltre, ciò che ci preoccupa in questa partita, è la situazione dei lavoratori addetti agli impianti sciistici, soprattutto quelli stagionali, assunti a tempo determinato, circa 450 lavoratori nella nostra provincia, che sono una maggioranza rilevante rispetto a quelli stabili, ossia il 75% sui circa 600 complessivi.

In pratica, se per i lavoratori cd. “fissi” esiste un sistema di ammortizzatori sociali, in parte integrativo del mancato reddito, per i lavoratori stagionali, invece, l'unica copertura è data dal salario di disoccupazione (cd. NASPI) che, però, ha una durata limitata in quanto collegata al pregresso lavorativo di ogni singolo lavoratore e, per molti di questi lavoratori, detta copertura è scaduta o è in prossimità di scadenza.

Pertanto, considerato che, a seguito della sopraggiunta decisione ministeriale di non riaprire gli impianti, per questi lavoratori si prospetta per il prossimo periodo il venir meno della possibilità occupazionale (anche perché, a questo punto, sorge una legittima incertezza circa la possibilità di riaprire il prossimo 5 marzo), la richiesta che dovrà essere rivolta al Governo, oltre a quella relativa ai ristori per le aziende, è quella di ulteriori provvidenze per i lavoratori stagionali.

Ossia, la richiesta di un sistema di ammortizzatori sociali ad hoc che, in questa fase di emergenza, garantisca loro un sostegno aggiuntivo al reddito e che si sostanzi in un prolungamento temporale dei tempi di durata della disoccupazione ordinaria, cercando, magari, di comprendere in questo sistema tutti i lavoratori stagionali del comparto turistico.

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