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Valtellina, l'ora più buia

Lo scritto di Lorenzo Gambetta di Talamona rivolto ai convalligiani.

Valtellina, l'ora più buia
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Pubblichiamo la lettera rivolta a tutti i valtellinesi e scritta da Lorenzo Gambetta,  morbegnese  appassionato di bici che  ha scritto anche un libro sui ciclo-viaggi,

Cara Valtellina

 

Cara Valtellina, anche se non te ne sei accorta è primavera.

Ti vedo respirare, aprire le finestre, stendere la biancheria. Ma il cielo è grigio, mette tristezza. I fiori sbocciano, Madre Natura esplode, si riappropria di ciò che è suo e che noi uomini le abbiamo portato via. Ma non c’è arroganza in questo. C’è silenzio sommesso, perplesso, come se la Natura avesse capito che manchiamo noi ad ammirare il suo spettacolo.
Sopra le tue montagne retiche i venti da nord, sempre meno potenti, stanno spingendo le nubi. Serrati orizzonti si vanno aprendo nell'ondeggiare dei tuoi boschi di faggio color verde.
Sono seduto davanti ad un abat-jour. Scrivo in silenzio di fianco ad una lampada ministeriale in ottone che emana una lucentezza giallastra. Sento in sottofondo un corale gregoriano. Note antiche, quadrate in quattro-quarti, con dei caratteri tinti di nero. Siamo a lutto. I nostri anziani cadono quotidianamente, nonostante le scorze dure. Di quelle che non ne fanno più. Ci lasciano quasi anonimamente, dopo aver lavorato le nostre terre eroicamente, come colonie di formiche instancabili, con ordine, incredibili doti di pazienza, perseveranza e costanza. Dopo aver sviluppato aziende, imprese, botteghe e commerci. Dopo averci insegnato tutto. Se ne vanno così, nell’ora più buia. E non abbiamo nemmeno la possibilità di salutarli. Nessun commiato, nessun congedo, nessuna promessa. Ma incarniamo la loro scommessa di eternità, dobbiamo farci forza e continuare.
Fuori dalla finestra il deserto. Non c’è traffico sulle strade. Pochi pellegrini a piedi vanno in processione solitaria alle botteghe di paese. Nemmeno i cani abbaiano. La vita c’è, ma se ne sta rintanata nelle proprie abitazioni, nel caldo focolare domestico sperando la tempesta invisibile passi in fretta. Piccole luci sparse qua e là a ridosso delle Alpi, che nel frattempo hanno riattivato la loro millenaria funzione di difesa. Poi sento una sirena provenire dalla bassa valle. Ci risiamo, qualcuno viene portato a Sondalo, nelle corsie in mezzo ai boschi alpini alle pendici del Monte Sortenna.
Sento vibrare le fondamenta medioevali della terra.
Cara Valtellina, sei la naturale cerniera tra il nord e il sud dell’Europa. Le tue valli e i tuoi valichi alpini hanno sempre svolto la funzione di raccordo tra Mitteleuropa e Mediterraneo. Nelle tue vallate sono transitate popolazioni, genti, eserciti, mercanti di ogni tempo. E ognuno ti ha lasciato qualcosa in eredità. Ma non ha più senso parlare di confini. Corona in pochi giorni ci ha svelato l’inganno. Siamo tutti uguali davanti al pericolo, davanti alla paura, davanti alla morte.
Percepisco un enorme vuoto, la dannazione di questo momento. Le ombre della notte mi regalano il sogno, la visione finale. Ammiro le stelle brillare, il Carro Maggiore friggere. Interrogo la Chioma di Berenice.
Valtellina, cesta di diamanti incastonata tra maestose montagne incantate, non mollare. Dona ai volti genuini delle persone che ti abitano la forza di superare questo momento. Perché non è vero che “andrà tutto bene”. Sono morti tanti tuoi figli e altri moriranno. “Andrà tutto”, ecco. Passerà. Panta rei, tutto scorre. Ci sarà tempo e modo di fermarci e curare le ferite, che a loro volta si cicatrizzeranno. Ma tu Valtellina, nel frattempo, ricorda che ai tuoi figli, naturali o adottivi, hai regalato un carattere forte, montanaro ma attento, pragmatico, sensibile e molto più delicato di quello che ci si può aspettare. Sono sicuro che in questo naufragio, il più disperato di tutti, la popolazione valtellinese riuscirà a resistere e a dare prova, ancora una volta e tutti assieme, della propria immensa tenacia.

Talamona, 30 marzo 2020
Lorenzo Gambetta

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