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“All’Api investiamo in ricerca: a questa crisi sopravviverà chi avrà puntato sull’innovazione”

Intervista a tutto campo a Luigi Sabadini, presidente di Api Lecco e Sondrio: «Il mio plauso va agli imprenditori»

“All’Api investiamo in ricerca: a questa crisi sopravviverà chi avrà puntato sull’innovazione”
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Uno sguardo al passato e uno al futuro. Luigi Sabadini, presidente di Api Lecco e Sondrio, traccia il filo che percorre tutto il 2020 delle piccole e medie industrie e le porta nel 2021. Non c’è tempo per fermarsi a contemplare quanto accaduto: il sistema manifatturiero è già pronto ad affrontare le prossime sfide.

L’industria ha archiviato un anno difficilissimo, ma è riuscita a contenere i danni. La stragrande maggioranza delle imprese ha continuato a lavorare anche durante il lockdown e sta chiudendo i bilanci 2020 con perdite contenute. Un miracolo. Come è stato possibile?

«Nella mia riflessione devo limitare il campo a quello che è il comparto manifatturiero, che è la nostra Lecco, perché se allarghiamo l’orizzonte dubito che ci siano dati che ci possano far sorridere. E’ vero che dopo il lockdown si era ripreso a pieno ritmo, colmando in parte il gap che si era creato con il blocco. E’ stata un’estate molto intensa, poi nell’ultima fase dell’anno non si è riusciti a sistemare i conti come si pensava di riuscire a fare. Purtroppo abbiamo rallentato molto la rincorsa. Comunque è necessario sottolineare che stiamo trattando dei dati che già erano in contrazione dall’anno precedente. Per esempio per quanto riguarda la cassa integrazione i numeri erano già preoccupanti: permane la debolezza del nostro sistema produttivo».

In questo quadro possiamo dire che a comportarsi in modo esemplare sono stati gli imprenditori?

«In barba a tutte le previsioni, come sempre si sono rimboccati le maniche, con protocolli impossibili da seguire, difficoltà logistiche, mercati che si aprivano e si chiudevano… il mio plauso va agli imprenditori. Anche io ho un’azienda, produco acciaio, quindi so in prima persona cosa è accaduto. Vorrei però sottolineare anche la straordinaria risposta della nostra struttura all’Api: i ragazzi e le ragazze si sono fatti in quattro, capendo i problemi degli imprenditori e cercando di agevolarli».

In che modo?

«Soprattutto rispondendo a domande che ogni giorno cambiavano. I nostri uffici erano interfacciati direttamente con la cabina di regia di Roma e anche con questi contatti era un marasma generale. Questo tsunami ci ha travolto ma noi abbiamo cercato di andare incontro ai nostri associati, azzerando a tutti la quota di iscrizione annuale. Sono orgoglioso che il Consiglio all’unanimità abbia deciso di percorrere questa strada. Il tutto in un anno in cui ci siamo trovati anche a sistemare in corsa la gerarchia interna all’associazione, visto che il nostro direttore è diventato sindaco. Siamo riusciti a mantenere una buona armonia interna che ci ha permesso di lavorare bene».

La pandemia ha lasciato anche tante attività al palo. La filiera del turismo è in grave crisi. Le attività alberghiere, della ristorazione e dei pubblici esercizi sono in grave sofferenza: ce la faranno a sopravvivere?

«Noi abbiamo una rappresentanza minima all’interno dell’Api, però abbiamo diverse attività toccate da questo problema e sono molto preoccupato, perché tutti i decreti ristori che possiamo sommare per le aziende sono una goccia in mezzo al mare. La capacità di resistere non so fino a quando durerà… Tra le imprese associate ne abbiamo una legata agli impianti di risalita e ancora oggi non sa quando potrà aprire, dopo aver perso tutto il Natale e il Capodanno. Personalmente non sono convinto che queste restrizioni siano utili ad arginare la pandemia. Sono convinto che con le giuste precauzioni tutti possono tenere aperto, altrimenti così si criminalizzano intere categorie, come se non fossero in grado di stare alle regole».

Come giudica i vari provvedimenti adottati dal Governo?

«Partiamo dai ristori. Rispetto a quello che è il carico dei costi sono irrisori. Era necessario agire di più in ambito fiscale, senza spostare le scadenze, ma bloccando le tasse. Al di là di una cattivissima gestione, quasi bizantina, direi che la cassa integrazione è stata importantissima, perché senza di quella ci sarebbero stati problemi enormi. E’ ovvio che è stato altrettanto importante bloccare i licenziamenti. Poi vedremo come andrà a finire. L’utilizzo invece della divisione in zone di diversi colori a mio avviso è molto positivo, ma partito troppo in ritardo. Il primo blocco totale è stato deleterio e avremmo potuto evitarlo».

E questa crisi aperta da Matteo Renzi?

«Non voglio entrare in discorsi di politica e darò un mio parere strettamente personale. Sul Recovery Fund c’è un piano scritto su una “carta di formaggio” sul quale dobbiamo impegnare il futuro di mio figlio e anche di mio nipote. Mi risulta che in altri Paesi tutto sia dettagliato e programmato e qui invece nulla. Questo è preoccupante. Il Governo non ha mai risposto agli alleati, né alla Camera o al Senato: mai vista una cosa del genere. Di ragioni per mandare tutti a casa ce ne sono, poi possiamo discutere sull’opportunità».

Quali sono le previsioni per il nuovo anno? Il vaccino ha già dato un minimo di speranza?

«Per il nuovo anno ci organizzeremo in base a ciò che accadrà, però abbiamo tenuto in considerazione ciò che di buono abbiamo imparato durante questo ultimo anno. Per esempio la formazione online, che ha funzionato e continua a funzionare benissimo. Il problema vero sarà il collegamento con i mercati, visto che ci sono regioni che aprono e chiudono continuamente, non solo in Italia. Avremo una nuova articolazione del servizio Estero ancora più ritagliata sulle esigenze delle aziende e del momento perché la risposta deve essere dinamica e precisa. Poi stiamo investendo nel mondo della ricerca perché a questa crisi sopravviverà chi avrà investito nell’innovazione, non solo del processo ma anche del prodotto».

Possiamo dire che le parole d’ordine dei prossimi anni saranno digitalizzazione e internazionalizzazione?

«Assolutamente. Senza dimenticare la formazione».

Chiudiamo con due parole sul bilancio sociale, un vero e proprio fiore all’occhiello della vostra associazione…

«Il bilancio sociale dentro sè racchiude alcuni valori: c’è un cruscotto economico che governa l’associazione e uno valoriale. Sarà un anno di ricambio del Consiglio e il fatto di aver indicato i valori fondanti dell’Api garantisce una costanza di focalizzazione di valori al cambiare della Governance. I valori sono quelli e ci si muove intorno a quelli. Lì dentro c’è il “sentito” dei nostri imprenditori».

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