L'intervento

“Voto in Regione, c’è poco da vantarsi”

La riflessione di Guido Monti, componente della direzione regionale dell'Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d'Europa

“Voto in Regione, c’è poco da vantarsi”

Dopo che il voto in Regione ha visto prevalere l’astensionismo, pubblichiamo la riflessione di Guido Monti, componente della direzione regionale dell’Associazione Italiana per il Consiglio dei Comuni e delle Regioni d’Europa.

“Voto in Regione, c’è poco da vantarsi”

“Come nelle previsioni Attilio Fontana è stato rieletto alla presidenza della Regione Lombardia e potrà dunque gestire l’avvicinamento alle tanto attese Olimpiadi invernali del 2026 dall’alto del consenso ottenuto nella votazione del 12 e 13 febbraio. Però il dato che balza agli occhi in tutta la sua evidenza è la scarsa affluenza ai seggi fatta registrare dai cittadini lombardi.

Solo il 41,6% degli iscritti agli elenchi elettorali ha deposto la scheda nell’urna (in provincia di Sondrio è andata ancora peggio, con un appena sfiorato 38%), mentre la maggioranza ha preferito starsene a casa o andare a spasso approfittando delle belle giornate di sole concesse da questo insolito inverno. Il crollo dei partecipanti al voto è davvero impressionante, se si pensa che alla precedente consultazione regionale i votanti erano stati il 73,1% (in provincia oltre il 66%). Questo significa che il 31,5%, ovvero circa un elettore su tre, si è aggiunto al quasi 27% di astenuti del 2018. L’eloquente 58,4% di mancati votanti dovrebbe imporre un’attenta valutazione e una profonda riflessione ai protagonisti della scena politico amministrativa lombarda, non importa se vincitori o perdenti, propensi invece all’esaltazione del successo piuttosto che al ridimensionamento dell’insuccesso.

Ma una così larga e esplicita disaffezione al voto non è tanto una sconfitta per le arroganti nomenclature di partito quanto una disfatta per la nostra democrazia, e gli esponenti di tutte le forze politiche dovrebbero cospargersi il capo di cenere e recitare il mea culpa se il disinteresse e lo scetticismo hanno preso il sopravvento su una cittadinanza attiva sempre più latitante, al punto da destare preoccupazione per le sorti delle istituzioni pubbliche. L’impopolarità della politica e dei meccanismi sui quali si regge è ormai palese e allarmante in quanto offre spazio a tendenze populiste o d’altre pericolose matrici che non inducono all’ottimismo.

“Ci vuole poco per perdere la democrazia

“Si vedano le manifestazioni organizzate dagli anarchici per protestare contro il regime penitenziario assegnato a un loro compagno di fede, equiparato a comuni delinquenti mafiosi. Va fatta molta attenzione perché, come ha osservato saggiamente Roberto Benigni dal palco del festival di Sanremo, ci vuole poco per perdere la democrazia, la pace e la libertà conquistate dopo il secondo conflitto mondiale e non certo acquisite per sempre. Questo è il monito ai governanti nazionali e agli amministratori locali che viene dal non voto, un fenomeno di malcontento popolare su cui occorre meditare a fondo per tentare di trovare un buon rimedio”.