“Agroalimentare settore chiave per il futuro”: idee di sviluppo per la Valtellina

Intervista a Claudio Palladi, vicepresidente e AD di Rigamonti, presidente del Distretto Agroalimentare di Qualità: dal superamento della contingenza attuale alla sinergia con il turismo, passando per lo sviluppo e le Olimpiadi

“Agroalimentare settore chiave per il futuro”: idee di sviluppo per la Valtellina
Pubblicato:
Aggiornato:

 

Nuova puntata del nostro viaggio di approfondimento con gli imprenditori e gli stakeholders intervenuti al forum “Valtellina 2030”.

Intervista a Claudio Palladi

Questa volta abbiamo intervistato Claudio Palladi, vicepresidente e amministratore delegato di Rigamonti, oltre che presidente del Distretto Agroalimentare di Qualità della Valtellina. Con lui abbiamo analizzato la situazione dell’agroalimentare valtellinese, focalizzandoci su prospettive di sviluppo e criticità del settore, ma anche indagando sul rapporto con il turismo e ragionando nell’ottica della grande opportunità che il territorio vede all’orizzonte (non troppo lontano): le Olimpiadi del 2026.

Rigamonti

Un breve cenno su Rigamonti: l’azienda ha mantenuto con orgoglio il proprio headquarter in valle e nel 2021 ha chiuso con un fatturato di 150 milioni di euro e 246 persone impiegate, di cui 195 stabili e gli altri con contratti a termine. Nel corso del 2022 sono state effettuate alcune operazioni di acquisizione e si stima che chiuderà l’anno con 260 milioni di euro di fatturato e un’occupazione che arriverà circa alle 450 unità.

Riusciamo a “scattare una fotografia” del settore agroalimentare valtellinese?

Sul nostro territorio le attività agroalimentari hanno un impatto maggiore rispetto alla media della Lombardia e del resto d’Italia, si tratta di un settore molto importante sia dal punto di vista economico che in termini occupazionali e persino dal punto di vista sociale. È un mondo in salute ma particolarmente esposto al caro energia, con importi di bollette moltiplicatisi in modo esponenziale: è una situazione complessa, che rende difficile pianificare e dove i conti possono non tornare. Questa situazione sta iniziando a creare cali della domanda interna, con tante persone che fanno ricorso a prodotti meno nobili per risparmiare. Il mercato della bresaola nei mesi di luglio e agosto ha visto contrarsi del 10% i consumi, ci troviamo in una situazione che rischia di riportare indietro di qualche anno i volumi venduti.

Come è possibile favorire lo sviluppo di questo settore?

Il tema vero sono le eccellenze valtellinesi, le quali sono chiamate a farsi conoscere ed essere vendute nel mondo. Questo settore ha moltissime potenzialità, dato che la quota di esportazione è ancora modesta: ci sono ampi margini e le Olimpiadi rappresentano un’opportunità di sviluppo interessante. Tuttavia è importante non guardare solo al futuro, ma concentrarsi anche sul contingente: reputo fondamentali azioni che consentano alle aziende di intervenire sul costo energetico per superare questa criticità. Per avere un futuro radioso è necessario che il presente sia sostenibile. Oggi molti produttori stanno accarezzando l’ipotesi di mollare, di non continuare le proprie attività e ciò non è un bene per l’intero settore. In ogni caso faccio parte di chi ha un pensiero ottimistico e ho prospettive positive, soprattutto se guardo all’estero.

Altra questione chiave correlata è la salvaguardia dell’intero settore: la Valtellina è un sistema fatto di grandi aziende che fanno da traino, ma esistono anche una valanga di medio-piccoli produttori che hanno un ruolo fondamentale, consentono di offrire una particolarità di offerta davvero ampia, che piace molto agli osservatori stranieri. È dunque importantissimo preservare l’agroalimentare nella sua interezza, non soltanto pensando ai grandi gruppi. E ciò vale specialmente oggi, in un momento complesso come quello che stiamo vivendo.

La questione dei lavoratori: riscontra difficoltà nel reperire nuove forze? E se sì, come si può affrontare questa criticità?

È una tematica che ho seguito con grande interesse durante il convegno “Valtellina 2030”. Credo che ora stia al Governo che si sta per insediare introdurre delle politiche che favoriscono il lavoro e non che spingano all’allontanamento da esso. Per farla breve sono contrario al reddito di cittadinanza per come è stato pensato: un paese civile deve sostenere persone e famiglie in difficoltà ma non creare meccanismi per cui stia in piedi una visione del mondo dove si può campare bene senza lavoro, non fa parte mia cultura. Serve sostenere le politiche attive. In Valtellina il tema è ancora più ampio, dato che è difficile combattere la competizione da parte della Svizzera. Se questo territorio vuole svilupparsi ha bisogno di manodopera ad alto livello di qualificazione, così come di formazione, unite alla capacità di attrarre e tenere qui i talenti. La Valtellina vuole essere la “montagna di Milano”? Bene, allora servono maggiori link con il capoluogo e un’ottima proposta sono i corsi universitari distaccati, magari improntati sulle esigenze locali, penso quindi al settore agroalimentare. Dobbiamo tenere i valtellinesi in valle e attrarre nuove persone, cavalcando il meccanismo di decentramento dalle grandi città partito con la pandemia.

E poi c’è il turismo: durante “Valtellina 2030” si è parlato di una sinergia importante con l’agroalimentare…

Il legame tra agricoltura, agroindustria, prodotti tipici e turismo è fondamentale e già molto radicato. Una ricerca Doxa del 2021 evidenzia che il 74% dei visitatori della valle viene anche per degustare prodotti tipici locali e che oltre il 70% se li porta a casa: in tutte le risposte il legame tra il territorio e i suoi prodotti tipici è fortemente presente. Prendiamo la bresaola: è conosciuta e associata alla Valtellina da 8 italiani su 10 e il 60% dichiara di averne aumentato il consumo dopo essere venuto in valle. Questo legame naturale è un’ottima base per costruire una forte sinergia fra turismo, commercio, produttori artigiani e industrie agroalimentari di prodotti tipici, con potenzialità di crescita importanti, anche guardando ad un target di turisti con maggior capacità di spesa.

Tanto si può fare, ma come organizzare tutto nel migliore dei modi? Serve arrivare preparati alle Olimpiadi del 2026

Oggi sul territorio ci sono un’infinità di iniziative interessanti e di qualità, ma sono troppi gli attori in campo. Credo che la presenza di un unico distretto turistico sarebbe da accogliere come un fattore più che positivo. O quantomeno che ci fosse un forte coordinamento fra le varie realtà. Spesso guardo al lavoro fatto dal Sud Tirolo, sicuramente messo in pratica avendo a disposizione risorse importanti: il punto di partenza è avere chiaro ciò che si vuol fare, per poi andare a reperire le disponibilità. Mi auspico una strategia provinciale di marketing che metta insieme lo sviluppo dei prodotti e il turismo: solo con un’unica cabina di regia riusciremo a presentarci nel modo migliore alle Olimpiadi. Come presidente del Distretto Agroalimentare affermo che siamo disponibili a sederci a tutti i tavoli aperti con i commercianti e le strutture turistiche. I Giochi del 2026 sono un’opportunità per crescere, per far conoscere la Valtellina, un’area che è ancora relativamente poco conosciuta.

Seguici sui nostri canali