lavoratori in scacco

De profundis per il turismo invernale

L'apertura degli impianti sciistici è stata nuovamente rinviata.

De profundis per il turismo invernale
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Nuovo rinvio per gli impianti sciistici con l'ingresso della Lombardia in zona rossa LEGGI QUI. Una agonia che tiene in scacco migliaia tra imprenditori e lavoratori che sul turismo invernale hanno basato la propria attività. Le promesse puntualmente mancate per molti hanno il sapore di un destino già segnato, quello della "morte" del turismo nella stagione invernale 2020/21.

Non prima del 15 febbraio

Con l’ingresso della Lombardia in zona rossa, stando al nuovo Dpcm, le stazioni sciistiche riapriranno con ogni probabilità non prima del 15 febbraio. Una decisione che ha il sapore amaro della beffa, considerando anche le abbondanti nevicate che hanno interessato la nostra provincia. E considerando che solo poco tempo fa la riapertura era stata fissata per il 18 gennaio.

Poco più di un mese

A fronte di questa situazione è non poca la rabbia, non soltanto tra i gestori degli impianti di risalita, ma anche tra le diverse categorie economiche della filiera strettamente connessa all’avvio della stagione invernale: albergatori, ristoratori, negozi specializzati per l’affitto e la vendita di sci e scarponi e le stesse scuole di sci. Se gli impianti dovessero riaprire effettivamente alla metà di febbraio, la stagione sciistica durerebbe poco più di un mese. Nel frattempo le linee guida per garantire la sicurezza della riapertura non hanno ancora avuto il via libera del Cts. A creare imbarazzo e amarezza è soprattutto la situazione incertezza, creata dai continui apri e chiudi e dai rinvii decisi dal Governo.

Conviene davvero aprire?

"Non appare difficile comprendere quanto questo influirà pesantemente, anche con gravi ripercussioni per il futuro, sul disagio e le condizioni di vita di una fetta di popolazione che vive in montagna. La quantità di persone coinvolte non può essere assolutamente sottomessa alla retorica delle frasi sui turisti che devono rinunciare ad un effimero divertimento, poiché siamo di fronte ad intere aree italiane che fanno del turismo invernale, fruibile solo in questo periodo, la propria fonte primaria di reddito. - Ha commentato Roberto Pinna, Direttore del Consorzio Turistico Sondrio Valmalenco - “Al momento non abbiamo la certezza che gli impianti possano riaprire, perché il protocollo di cui si parla da tempo non è stato ancora approvato e risulta essere ancora poco chiaro, e le varie zone “colorate” non aiuteranno di certo; ma soprattutto sarà conveniente aprire un comparto già pesantemente colpito?"

Servono ristori certi

“Occorrono aiuti concreti e certi per evitare il tracollo del settore, servono risposte immediate per le aziende, per i lavoratori e le loro famiglie. – sottolinea Tiziano Maffezzini, Sindaco di Chiuro e Presidente di UNCEM  – Imprese ma non solo, anche i tantissimi lavoratori stagionali, il cui numero supera ampiamente le parecchie migliaia di unità, di cui poco si parla, che al momento non godono di nessuna protezione e rischiano seriamente di non essere nemmeno ricompresi tra i ristori. C’è poi tutto l’indotto da tenere in seria considerazione: rifugisti, noleggiatori e maestri di sci ad esempio, ma anche il settore alberghiero e quello della ristorazione, quello dei servizi, l’agroalimentare ed il commercio locale, tutti traggono sostentamento dalla presenza di turisti nelle rispettive valli. Intere comunità di montagna vivono grazie alla stagione turistica invernale. Il timore che non ci sia consapevolezza di questo è reale e lo si è visto quanto si è tentato di banalizzare lo sci quale sport elitario, senza conoscerne i risvolti e le peculiarità sulle quali le montagne fondano la propria sopravvivenza: la neve sta alla montagna tanto quanto il mare alle località marittime, solo per fare un esempio concreto”.

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